Grandi sfide nel fine settimana elettorale. In Serie A va in scena la festa dell’1% dei più ricchi, quella in cui si affrontano le prime sei squadre della classifica, in tre partite (Lazio-Juve, Roma-Napoli, Milan-Inter) che da sole sommano gli stessi punti delle altre sette in programma. Specchio di un paese in cui, secondo Oxfam, il 20% della popolazione detiene il 66% della ricchezza nazionale, le sei grandi del pallone si spartiscono anche più dei due terzi dei migliori giocatori e del fatturato complessivo del calcio italiano. Hanno quasi tutto. E per il restante 99% non c’è alcun Occupy Serie A all’orizzonte. Perché, come abbiamo visto in sede di elezioni federali (e politiche?), preferiscono accontentarsi delle briciole promesse da questo o quel potere, invece di sfidarlo. E perché il ministro dello Sport Lotti ieri ha finalmente firmato l’agognato decreto sui diritti tv, quello che doveva eliminare le profonde storture della deleteria Legge Melandri, e che alla fine si è dimostrato una riforma zoppa, che mantiene la sperequazione di profitto e inibisce la competitività. E quindi lo sviluppo dell’intero sistema.

Si comincia a giocare oggi, nel tardo pomeriggio: reduce dalle due ore e mezza di maratona siberiana infrasettimanale contro il Milan, la Lazio ospita la Juventus. Inzaghi finora ha sempre puntato su un undici ben preciso, e difficilmente rinuncerà ai suoi migliori giocatori, anche se stanchi, mentre Allegri deve fare ancora a meno di Higuain ma può contare su molteplici soluzioni. Sono queste le partite in cui la Juve, dall’alto della sua esperienza di governo, negli ultimi anni si è alzata sui pedali e ha salutato il gruppo delle inseguitrici. Ma stavolta, avvertono i sondaggi, può andare diversamente.

Perché davanti c’è un Napoli che, liberatosi del fardello delle varie coppe (quello che non volle o non riuscì a fare Benitez), sembra in grado di arrivare fresco al traguardo. I partenopei, infatti, in campionato hanno perso punti solo dopo un turno infrasettimanale, altrimenti hanno sempre vinto. E se Sarri si è paragonato all’Olanda bella e perdente degli anni ’70, Marotta ha risposto con la Juve come l’Italia mondiale, brutta e vincente. Le implicazioni politiche del confronto, data le riforme sociali olandesi dell’epoca e i due Mondiali su quattro conquistati dall’Italia nei bui anni ‘30, potrebbero essere scivolose. Quelle calcistiche le vedremo. A partire da stasera, quando al San Paolo arriva una Roma sull’orlo di una crisi di nervi, e in piena crisi di gol. Segnano poco anche Milan e Inter.

Per il derby di domani sera gli exit poll danno i rossoneri in recupero, anche se lo spread calcistico li segnala sette punti dietro, e i nerazzurri in crollo verticale. Per l’Inter, oltre ai risultati che latitano, al leader stanco e al centrocampo ingolfato, fa impressione la notizia di una contestazione addirittura dalla Cina, sotto la sede del gruppo Suning a Nanchino. Dall’altra parte invece c’è una squadra che con Gattuso ha finalmente trovato gamba, compattezza e uno stile di gioco che, si parva licet e fatta la tara tra campioni e discreti giocatori, somiglia sempre più al grande Milan di Ancelotti. Ognuno ci legga le allegorie politiche che crede, tanto il calcio per fortuna è solo un gioco.