Italia

L’avvocato: «Il permesso di soggiorno può battere lo sfruttamento»

Intervista Parla il legale che difende i lavoratori bengalesi del distretto tessile

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 21 marzo 2015

Pierluigi Umbriano è avvocato, collabora con l’associazione 3Febbraio e ha aiutato a organizzare la difesa legale dei lavoratori bengalesi del distretto tessile a nord di Napoli, assistiti dall’Asgi – associazione per gli Studi giuridici sull’immigrazione.

Avvocato, cosa denunciano i migranti?

In base ai loro racconti, secondo noi si configura da parte dei loro datori di lavoro il reato di riduzione in schiavitù e tratta di esseri umani. Sul caso sta indagando la Dda di Napoli. Intanto che il processo viene istruito, il pm ha dato parere favorevole, e il procuratore generale ha accolto la richiesta, per la concessione del permesso di soggiorno. In alcuni casi è stato applicato per motivi di protezione sociale ai sensi dell’art. 18 del Testo Unico Immigrazione, in altri per grave sfruttamento lavorativo ai sensi dell’art. 22. L’articolo 18 non era mai stati utilizzato per operai, di solito viene applicato alle donne vittime di tratta: in queste situazioni si attivano i programmi di protezione, si viene spostati in altre regioni affiancati da progetti di sostegno. Nel nostro caso, si è preferito attivare una rete di sostegno e protezione in loco.

E’ stato difficile arrivare a denunciare il loro sfruttatore?

Si tratta di persone che vivono in uno stato di grave soggezione psicologica, hanno tra i venti e i trentanni, sono quindi molto più giovani del loro sfruttatore e magari hanno già dei figli a casa da mantenere. Hanno un grande timore perché lui è un ‘big man’, molto potente in patria e qui, mente loro sono clandestini. All’inizio venivano da noi per chiederci se potevamo in modo bonario aiutarli a recuperare gli stipendi arretrati che il padrone non voleva dare. Volevano solo che mediassimo ma, non ottenendo nulla, si sono convinti a fare le prime cause civili di lavoro. Poi siamo riusciti ad arrivare anche a quelle penali.

Con quali risultati?

Siamo già alla terza ondata di denuncianti e poi con i primi permessi di soggiorno è cambiato anche l’atteggiamento generale, si è attivata una nuova socialità. Il padrone fa leva anche sui legami della comunità e il suo ruolo preminente, chi si ribella attiva nuovi e diversi legami comunitari che danno coraggio e fiducia. Le realtà locali come la 3F, l’Asgi e le parrocchie aiutano a tirarli fuori. Così qualcuno si è messo in proprio come ambulante, altri hanno trovato datori di lavoro che offrivano condizioni migliori.

Le norme in vigore sono sufficienti per fermare questo sfruttamento?

Non è un problema di giurisprudenza ma delle norme che sono intervenute dalla Turco-Napolitano in poi per regolamentare l’immigrazione. Con i decreti flussi è facile far entrare legalmente utilizzando dei sistemi che raggirano le norme e mettono le persone alla mercé degli sfruttatori.

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