La tribolata vicenda dell’esenzione Ici per la Chiesa si arricchisce di un nuovo capitolo, che riaccende le speranze di quanti vorrebbero che il Vaticano paghi la tassa come tutti gli altri. Fino a oggi, grazie a una decisione della Commissione Ue e una sentenza della Corte di Giustizia Ue, la Chiesa è riuscita a risparmiarsi i 4-5 miliardi di euro stimati dall’Anci, perché nonostante l’esenzione sia stata dichiarata aiuto di Stato illegale, è stata riconosciuta all’Italia l’impossibilità di stimare l’importo esatto da recuperare.

Ieri una prima svolta, seppure ancora non decisiva: l’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue, il belga Melchior Wathelet, ha proposto alla Corte, che ancora deve pronunciarsi, di ribaltare la decisione di primo grado: gli aiuti di Stato illegali – sostiene – vanno sempre recuperati.

La storia comincia nel 2010, quando l’Antitrust Ue apre un’indagine dopo una serie di denunce, tra cui quella della scuola Montessori. Nel 2012 Bruxelles aveva quindi chiarito che il «sistema italiano di esenzioni all’Ici concesse a enti non commerciali per scopi specifici tra il 2006 e il 2011 era incompatibile con le regole Ue sugli aiuti di Stato», perché conferiva «un vantaggio selettivo» alle attività commerciali svolte negli immobili di proprietà della Chiesa rispetto a quelle portate avanti da altri operatori. La questione fu chiusa nel dicembre 2012, quando sotto il governo Monti, con l’abbandono della vecchia Ici per l’Imu, le esenzioni riguardarono solo quegli immobili della Chiesa dove non venivano svolte attività economiche. E la Commissione riconobbe all’Italia l’«assoluta impossibilità» di recuperare il dovuto per il 2006-2011 in quanto sarebbe stato «oggettivamente» impossibile calcolare l’importo esatto per il pregresso.

La Montessori, sostenuta nella battaglia dai Radicali, nell’aprile 2013, fece ricorso contro la Commissione, al cui fianco si era schierato anche lo Stato italiano. Nel 2016 il ricorso fu respinto e la Montessori si rivolse all’istanza superiore, cioè la Corte Ue, che deve ancora esprimersi. Per ora ad esprimersi è l’avvocato generale, che ha proposto alla Corte di ritenere recuperabile l’aiuto perché «le difficoltà organizzative imputabili allo Stato (mancata predisposizione di adeguate banche-dati)» non giustificano «un’eccezione alla regola sugli aiuti di Stato»: in genere il suo parere viene ascoltato, ma di questa vicenda in particolare non è facile prevedere l’esito.