Il teatro Puccini stipato ha dato l’ennesima riprova del trasporto, emotivo e insieme politico, con cui donne e uomini di ogni età stanno accompagnando la lotta operaia delle tute blu Gkn. L’occasione dell’assemblea aperta alla cittadinanza indetta dal Collettivo di Fabbrica era duplice: tenere accesi i riflettori sulla vertenza evitandone la “normalizzazione”, come ha efficacemente spiegato Dario Salvetti, generalizzando e unificando in parallelo le lotte in corso da un capo all’altro della penisola, fino ad arrivare a uno sciopero generale, e misurare la pressione in vista dell’odierna manifestazione di Roma in occasione del G20. Il risultato è stato ben più che confortante, visto che all’alba di oggi sono partiti pullman su pullman, sia dallo stabilimento di Campi Bisenzio che dagli altri abituali punti di raccolta della città, con la Rete degli studenti medi e gli Studenti di Sinistra dell’ateneo in prima fila a raccogliere adesioni per il viaggio.
Se poi l’immancabile striscione “Insorgiamo”, che naturalmente abbelliva il palco del teatro, è diventato nell’immaginario collettivo il simbolo comune delle realtà studentesche, operaie e sindacali che muovono in perfetto accordo la contestazione, civile, ai “grandi del pianeta”, non resta che prendere atto ancora una volta della contagiosità positiva (una tantum) innescata dai 500 lavoratori e lavoratrici Gkn che non accettano la chiusura immotivata della loro fabbrica. “Perché noi abbiamo le capacità per condurre l’azienda – ancora Salvetti – come e anche meglio di quanto successo fino allo stop della produzione”. Aprendo così un circolo virtuoso che ha portato al Puccini, dopo il monologo d’apertura di Gaia Nanni. i volti e le voci di tante altre realtà, da Alitalia alla Piaggio, dai portuali di Genova ai familiari delle vittime della strage di Viareggio, dagli studenti di Fridays for future all’esercito dei lavoratori precari della cosiddetta “economia di mercato”. Tutti applauditssimii da una platea attenta e coinvolta, compresi i giuristi progressisti (Capialbi, Conte, Orlandini, Solimeno) artefici delle “legge operaia” antidelocalizzazioni, per oltre tre ore.
E’ dalle loro parole, e ad esempio dai racconti di chi come la versiliese Daniela Rombi ha visto straziata la figlia Emanuela a causa dell’endemica insicurezza sul lavoro in Italia, che si può misurare la distanza sempre più grande fra la vita di ogni giorno e l’algida competenza di un governo “dei migliori” che però è spesso dimentico di quanto il lavoro esiga diritti e tutele, dignità e salari che facciano arrivare decentemente a fine mese. Per diventare davvero quel “valore aggiunto” per il paese, sempre richiamato dalle più alte istituzioni.
Al Puccini si entrava con il green pass, e chi aveva fatto il tampone per partecipare è stato rimborsato attraverso la Cassa di resistenza Gkn. Pochissimi sono rimasti fuori. Perdendosi fra i tanti, ammesso che fossero interessati, l’intervento di Carlotta del coordinamento donne Gkn, che prima della pandemia aveva lasciato il lavoro avendo il marito in fabbrica. “Uno stipendio c’era e ci bastava – ha ricordato – poi a luglio è cambiato tutto e sono tornata a lavorare, in una fabbrica metalmeccanica. Da precaria e senza prospettive, perché se va bene mi rinnovano il contratto a tre mesi. Ma alle mie compagne va peggio, tante sono immigrate e sono costrette a subire ogni sorta di molestia, anche sessuale, per mantenere la famiglia qui e mandare qualche soldo al loro paese”. Alla fine una signora sempreverde si è alzata dalla sua poltroncina rossa ed è andata ad abbracciarla. Dagli applausi è cascato il teatro.