I fallimenti e le difficoltà che s’incontrano in una carriera spesso si misurano in base al successo perseguito e raggiunto. E Lucio Dalla ne ha avuti molti prima di inciampare letteralmente nella scandalosa affermazione di 4 marzo 1943. Proprio questa canzone – e le vicissitudini che l’hanno accompagnata, ha rappresentato il vero spartiacque di una carriera, cominciata in modo imprevedibile e partita suonando jazz. Un successo contro ogni aspettativa per il brano suonato dal vivo per un anno prima di essere selezionata per Sanremo. Un lancio decisamente «senza convinzione» sia da parte della Rca sia di Dalla stesso, una canzone epurata di alcuni passaggi ritenuti blasfemi sebbene avesse il sostegno di Piero Vivarelli e Alberto Bevilacqua.

LO RACCONTANO Tobia, lo storico manager del cantautore bolognese e Bruno Cabassi degli Idoli alla presentazione a distanza della riedizione in più versioni di Geniale? (Pressing Line/Sony Music), in uscita oggi «C’era della imprevedibilità come era lui» aggiunge Giorgio Lecardi, unico altro sopravvissuto della band emiliana che l’accompagnò tra il ’66 e il ’72. Del trio, «Manoli» è scomparso qualche anno fa. Tuttavia, proprio l’enorme caratura artistica di Dalla in un certo senso ha fatto dimenticare che c’era stato un Lucio della prima ora, totalmente immerso nella temperie contestataria della seconda metà degli anni sessanta.
In un pugno di dischi e qualche film, tra cui I sovversivi dei Taviani, si vide un artista totalmente istintivo, istrionico nella mimica facciale, musicalmente deficitario (racconta ancora Cabassi che abbandonò subito le sue piccole lezioni), ma altrettanto dotato e capace di esprimere una ineguagliabile musicalità dovuta ad un’estensione vocale magnifica: soul, blues, jazz e folk-beat con aperture proto-prog sembrano non aver segreti al pari delle invenzioni linguistiche diventate un marchio di fabbrica.

LE REGISTRAZIONI avventurosamente recuperate da Lecardi in Geniale?, album uscito una prima volta nel 1991 con l’emozionata approvazione di Dalla e contenente brani suonati dal vivo tra il 1969 e il 1970 con Gli Idoli ed oggi «restaurati», consentono di avere la più genuina testimonianza di come il Dalla, conosciuto e ancor apprezzato a quasi 10 anni dalla morte, era già tutto compresso e pronto ad esplodere in quel geniale artista che proprio allora andava a calcare con i suoi compagni club e circoli semivuoti, balere scalcinate e un pubblico spesso ignaro a cosa andava incontro. Gli Idoli furono testimoni diretti di quel progressivo sbocciare, consapevoli di accompagnare un fuoriclasse della musica che ora sembra uscire definitivamente dal cono d’ombra in cui le sue origini erano state relegate dallo strepitoso successo degli anni successivi.