A volte la Storia (anche quella con la «s» maiuscola) può incidere la mappa del suo tragitto su una semplice coperta lavorata a uncinetto. Perché quell’oggetto, desiderato ardentemente e poi avuto in dono, attraversa i decenni, porta con sé un valore affettivo, segna una fine e un nuovo inizio (in questo caso, la separazione dalle scuole elementari per aver terminato il percorso di studi), incarna un cambiamento. Insomma, resta a testimoniare un evento accogliendo una cronologia significativa – non da ultimo, esistenziale – fra le sue maglie.
Vanessa Roghi, autrice di Voi siete il fuoco (Einaudi Ragazzi, pp.160, euro 10) introduce così le sue lettrici e lettori adolescenti (che, nel libro, sono figlia e nipoti di un’età variabile tra i tredici e quindici anni) a quel concetto di «storia» che rimbalza astrusamente da un banco all’altro durante le lezioni in classe. Lo fa con un metodo rigoroso – le fonti, il racconto, l’oggetto fattuale (la traccia) ma anche con un approccio emotivo e coinvolgente che vede, per esempio nella diaristica o nella registrazione delle «vite comuni» cantate da Brecht e descritte da Carlo Ginzburg, un buon modello di vicinanza per le giovani generazioni a tematiche che apparentemente non appartengono loro più, relegate a torto e polverosamente nei secoli del passato.

NEL CASO del volume di Roghi, la trama da tessere con un sapiente intreccio di fili riguarda non solo gli accadimenti storici che vanno dal Settecento in poi, ma anche l’avventura rocambolesca della scuola: l’intento è quello di «schizzare» – come un affresco work in progress – una biografia di quella istituzione nata «cenciosa» (ragged schools), che andava conquistando terreno nell’Ottocento fuligginoso e divenuta, negli anni, recinto di contenimento della criminalità (toglieva i bambini dalla strada ammassandoli in stanze sudicie, come racconta nei suoi romanzi Charles Dickens), casa temporanea per scrivere, leggere e far di conto (in Italia, alle bambine, ancora nel Novecento, spesso erano concesse solo le prime due classi) e, infine, seguendo il pensiero illuminato di pioniere come Maria Montessori, luogo della possibile crescita armonica di sé. E con una buona dose di fortuna, del rispetto e riscatto sociale – come prometteva il «tempo pieno» vissuto dai ragazzi di Barbiana, stessa opportunità di partenza e arrivo per tutti.

A FARE DA CONTRAPPUNTO alla narrazione che si aggira tra abbecedari e storie di maestre di altre epoche, tra gli alberi dei boschi naturali insieme a Rousseau e al suo Emilio, c’è la forza prorompente dell’immaginario. Quello della prima ora, rappresentato da Pinocchio e dalla sua malavoglia scolastica (indotta pure dai compagni che deridono il suo impegno) e anche quello sprigionato da Alice, che, una volta catapultata nel «paese delle meraviglie», manda all’aria qualsiasi ammaestramento didattico con il suo mondo alla rovescia che inventa insegnamenti fai-da-te.