Alta tensione in Ucraina. Cinque persone sono morte in una sparatoria a un posto di blocco di militanti filorussi vicino a Sloviansk, nell’est. Tra le vittime, tre filorussi e due gli assalitori.

Siamo a soli pochi giorni dall’accordo raggiunto a Ginevra da Russia, Ucraina, Stati Uniti e Unione europea, per lo sgombero degli edifici occupati da parte degli indipendentisti filorussi e la consegna delle armi di tutti i gruppi paramilitari. Pronta la risposta della Russia che accusa il governo autoproclamato di Kiev di non fare nulla per eliminare le cause della profonda crisi, violando così gravemente gli accordi di Ginevra. «Gli accordi di Ginevra non specificano l’arco temporale, ma le misure devono essere prese urgentemente», ha osservato il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov, che ha duramente condannato la sparatoria di Pasqua presso Sloviansk, perché «dimostra l’incapacità delle autorità di Kiev a controllare gli estremisti».

Per Lavrov Kiev sta rimandando la riforma costituzionale che dovrebbe concedere maggiori poteri alle autorità regionali.
Il «presidente» ucraino Turchynov ha risposto che un primo voto del parlamento sulla riforma dovrebbe avvenire prima della fine di maggio. Lavrov ha insistito sul fatto che Mosca metterà fine a qualsiasi tentativo di scatenare una guerra civile nel Paese: «I tentativi di isolare la Russia sono senza prospettive perché è impossibile», ha aggiunto Lavrov accusando Washington: «Gli Stati Uniti dovrebbero assumersi la responsabilità del potere che hanno installato a Kiev, invece di imporre ultimatum a Mosca». Precedentemente, in un comunicato del ministero degli Esteri, Mosca aveva accusato direttamente gli estremisti di destra ucraini di Praviy Sektor e le autorità di Kiev di «non di non tenere a freno e non disarmare i nazionalisti e gli estremisti». Il governo di Majdan aveva ribaltato l’accusa: la sparatoria è opera di «sabotatori russi».

E, poche ore dall’attacco al posto di blocco, il leader dei filo-russi di Sloviansk, Vyacheslav Ponomarev, ha rivolto un appello a Vladimir Putin affinché invii, se non le truppe schierate in Russia al confine con l’Ucraina come peacekeeper per proteggere la minoranza russofona, almeno armi. Ponomarev, autoproclamato sindaco, ha imposto il coprifuoco a Sloviansk, e informando di essere «in contatto con i mediatori dell’Osce».

Fatto significativo ieri, dopo tanta attesa, è arrivata la decisione che Putin aveva promesso a tutti i russofoni sparsi – milioni di persone – negli stati dell’ex Ursss e che chiedono di avere un passaporto russo: il sito del Cremlino ha annunciato la promulgazione di una legge che facilita l’iter burocratico per ottenerlo. Una nuova sfida politica di Putin agli Usa e all’Ue. Ma non è l’unico forte segnale di Putin. Il presidente russo ha annunciato infatti di aver firmato un decreto per la riabilitazione dei tatari di Crimea e di altre minoranze della penisola (tedeschi, armeni e greci), dopo le deportazioni volute da Stalin al termine della Seconda guerra mondiale.
Intanto ieri il vice presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è arrivato a Kiev, dove incontrerà il presidente autoproclamato Alexandr Turchynov e il «premier» Arseniy Yatsenyuk su: sicurezza, sostegno all’economia ucraina, sicurezza energetica, riforme costituzionali, elezioni presidenziali.

A lui Turchynov affida l’allarme contro la Russia: «Con la destabilizzazione dell’est del Paese, in primo luogo la regione di Donetsk, si mette in atto un golpe contro l’Ucraina». Biden tornerà a Washington nella notte di martedì.
Ieri si è rifatto vivo l’ex presidente deposto dalla rivolta di Majdan Viktor Yanukovichche ha chiesto alle nuove autorità di Kiev di «ritirare immediatamente tutte le loro forze armate” dall’est del Paese per evitare “un bagno di sangue».

Tra le ultime notizie della giornata dalla «calda» Sloviansk, il sequestro, annunciato da Kiev da un «avvocato», della «reporter» Irma Krat, caporedattrice di Hidden Truth Tv ma anche leader di un’«unità di autodifesa» di Maidan. E il fermo per controllo dei documenti di tre giornalisti stranieri, dei quali «due italiani» rilasciati subito dopo.