Ormai tra Russia e Ucraina è guerra dei nervi. Non passa giorno che tra i due paesi slavi non si accusino reciprocamente di preparare il casus belli che accenda la miccia dello scontro armato. Ieri è stata la volta di Sergey Lavrov, capo della diplomazia russa, in una intervista alla radio di Moskovsky Komsomol a lanciare l’allarme. «Negli ultimi dieci giorni dell’anno – ha sostenuto Lavrov – Poroshenko e i suoi sodali occidentali stanno preparando una provocazione armata ai nostri confini, ai confini della Crimea. E noi come è normale, risponderemo per le rime».

OBIETTIVO DELLA PROVOCAZIONE di Kiev per Lavrov, sarebbe quello di mantenere la legge marziale nel paese, impedire le presidenziali, far approvare nuove sanzioni europee contro la Russia. Ma per lo stato maggiore ucraino l’annuncio de ministro russo invece vuole giustificare solo l’invio a Sebastapoli di 10 caccia Su-27SM e Su-30M2.

IL DIPLOMATICO DEL CREMLINO ha voluto comunque tranquillizzare gli ascoltatori: «Vi prometto che durante le feste non ci sarà guerra». Insomma se si tratterà di screzio, per la Russia tutto finirà lì. Una settimana fa Kiev aveva denunciato l’ammassamento di truppe russe nella provincia di Rostov e qualche giorno dopo la Russia aveva, a sua volta, espresso timori di un attacco ucraino nel Donbass, ma per ora la guerra è restata in gran parte sui titoli dei giornali.

L’Osce che monitora la situazione del Donbass, ha tuttavia denunciato 137 scontri a fuoco tra il primo e il 15 dicembre. Secondo Lavrov si tratterebbe di una «guerra interna tra il regime neonazista di Kiev e i cittadini ucraini che vivono nel Donbass» in cui la Federazione russa sarebbe solo una «spettatrice interessata». E con i radioascoltatori che chiedevano insistentemente l’unificazione con le «repubbliche popolari» ha voluto essere netto: «I problemi interni dell’Ucraina sono molto più ampi e molto più profondi della faccenda delle repubbliche di Donetsk di Lugansk. Volete che noi le riconosciamo? E poi? Lasceremmo così il resto dell’Ucraina in mano ai nazisti».

ALLA TRADIZIONALE POSIZIONE russa sottoscritta a Minsk sulla intangibilità delle frontiere ucraine, Lavrov ha fatto intendere che qualcosa si starebbe muovendo nella leadership e negli umori dell’opinione pubblica ucraina: la posizione di Poroshenko sarebbe sempre più traballante e il Cremlino guarderebbe con ottimismo al voto ucraino di marzo. Lo sfaldamento sociale interno sarebbe dimostrato in questi giorni dalle lunghe teorie di torpedoni guidati da maschi ucraini in età di richiamo alla leva che valicano le frontiere con Russia, Ungheria e Romania. A volte con le famiglie, a volte soli, lasciano l’Ucraina temendo un futuro di guerra.

TUTTAVIA IL GOVERNO UCRAINO ieri è riuscito a segnare un punto a proprio favore. Al termine di un incontro tra Federica Mogherini e il premier ucraino Volodymir Groisman è stato deciso che la Ue invierà a inizio gennaio, una alquanto nebulosa missione di esperti in Ucraina «per preparare l’assistenza alle regioni del Mar di Azov che avrebbero sofferto di restrizioni alla navigazione nella regione da parte russa». Secondo il primo ministro ucraino la misura più efficace in questa direzione da parte europea sarebbe quella di «chiudere tutti i porti della zona alla navigazione russa».