Otto osservatori dell’Osce sequestrati dai filorussi, mentre Stati uniti e Ue preparano nuove sanzioni per la Russia, che ieri ha annunciato di fare il possibile per la liberazione dei funzionari catturati. Nel pomeriggio di ieri c’è stata anche una importante telefonata tra il ministro degli esteri di Mosca Lavrov e il segretario di Stato americano Kerry. Lavrov ha chiesto la fine dell’operazione militare contro i manifestanti filorussi nel sud-est ucraino e delle azioni aggressive degli ultranazionalisti di Pravi Sektor a Kiev. Lavrov avrebbe inoltre chiesto alla controparte americana di usare tutta la propria influenza per la liberazione dei prigionieri filorussi. Anche perché questa eventualità, potrebbe – forse – sbloccare il destino degli osservatori dell’Osce caduti nelle mani dei separatisti filo Mosca.

Mentre non ci sono novità di ordine militare, se non lo sbarco dei soldati americani di supporto a Lituania e Lettonia per le esercitazioni anunnciate alcuni giorni fa, la crisi ucraina sembra tornare ai livelli diplomatici, confermando ormai il suo «carattere», fatto di strappi e tentativi, ad ora tutti andati a vuoto, di ricucire. I due campi però, più hanno promesso avvicinamenti, più si sono ritrovati distanti. E così lo sono ora. La Russia continua a denunciare il piano di allargamento a est della Nato, confermato dalla presenza dei soldati americani negli Stati baltici e a sottolineare come il mancato impegno rispetto agli accordi di Ginevra sia del governo di Kiev; l’Ucraina è sempre più affidata alle cure degli Usa, che fin dai primi istanti della crisi in Crimea spingono per sanzioni contro Putin. Rimane poi quasi dimenticata l’origine di tutta la questione, ovvero la protesta e la vittoria di Majdan, suffragata dai media pagati dagli Usa e resa «romantica» da quelli occidentali.

Majdan, per Mosca, ha di fatto sradicato con un vero e proprio colpo di Stato un governo becero e modesto, ma pur sempre eletto, finendo per crearne uno nuovo anti russo e pronto a buttarsi anima e corpo tra le grinfie del Fondo monetario internazionale, lato economico, e della Nato per quanto riguarda le «coperture» militari. Un golpe effettuato con il supporto dei gruppi paramilitari di estrema destra che continuano a «tenere» il centro di Kiev e contro cui da tempo Mosca chiede provvedimenti al governo provvisorio di Kiev. Quest’ultimo, forse temendo nuovi problemi, come il tentantivo di «imbucata» al Parlamento dei paramilitari, tentenna, sapendo bene di avere nei confronti di Settore Destro un credito (specie militare) non da poco, visto che parte di quei gruppi sarebbero ora impegnati in operazioni speciali nelle regioni orientali del paese.

Una scelta, dunque, quella di Yatseniuk e compagnia, che non poteva non scuotere le certezze russe circa la neutralità, per quanto riguarda l’Alleanza atlantica in Ucraina.

E il sequestro dei membri dell’Osce, accusati dai filorussi di essere proprio spie o (come talvolta si è anche dimostrato) apripista a successivi interventi armati proprio della Nato, ha riaperto la frattura tra Ue, Usa da una parte e Russia dall’altra. Il refrain è sempre lo stesso: l’Occidente chiede a Putin di spostare le truppe dai confini, la Russia chiede a Kiev di abbandonare l’offensiva nelle regioni orientali, dove vivono i russi (e i russofoni). Non sembra esserci mediazione e infatti difficilmente ce ne sarà una.

Anche l’allarme lanciato nei giorni scorsi dagli Stati uniti, di aerei russi in violazione degli spazi ucraini, ha creato una nuova polemica. Secondo Mosca, infatti, questi voli non sarebbero mai avvenuti: «Nessuna violazione dello spazio aereo dei paesi vicini alla Russia, tra cui l’Ucraina, è stato registrato dai mezzi di controllo russi», hanno fatto sapere. Il consueto gioco di denuncia, smentita, che va avanti da giorni da entrambe le parti. E nella serata di ieri l’Unione europea ha confermato per lunedì il meeting dei propri ambasciatori per decidere come procedere a livello di sanzioni. Si vedrà in quel caso se l’escalation degli ultimi giorni in Ucraina avrà saputo creare davvero quel fronte unito tra europei e Stati uniti. I 28 ambasciatori dovranno decidere su altre persone che potrebbero essere inserite nella lista di personalità soggette al bando di visti e congelamento di beni. Le misure potrebbero essere approvate dai governi dell’Ue anche il giorno stesso. Ieri, infine, le autorità di Kiev hanno interrotto le forniture idriche alla Crimea. Un «atto di sabotaggio», lo ha definito il presidente Aksionov. Le conseguenze riguardano soprattutto il settore agricolo, mentre non ci sarebbero problemi per l’acqua potabile.