La Campania precipita dal terzultimo all’ultimo posto in Italia per tasso di disoccupazione: il 18,5% del 2012 è diventato 21,9 nel 2013. Il governatore Stefano Caldoro non perde il buonumore: «Fino a dicembre ci saranno in campo più di un miliardo di investimenti con gare in tutti i settori: ricerca, ambiente, trasporti, sanità. Una cifra che la regione Campania mai è riuscita a mettere a gara nella sua storia». Ma i conti sono tutti in rosso: l’export è drammaticamente in calo e la classifica della competitività stilata dalla Commissione Ue colloca la Campania agli ultimi posti, il risultato peggiore dal 2010.

Caldoro, insomma, non tranquillizza né i metalmeccanici né gli edili della Cgil: «Il settore delle costruzioni vive dal 2009 una crisi senza precedenti – spiega Giovanni Sannino, segretario regionale Fillea -. I comparti della filiera, dalle manutenzioni al restauro, dalla messa in sicurezza e cura del territorio alla rigenerazione delle città, dal patrimonio abitativo e scolastico alla riqualificazione dei centri storici e del patrimonio archeologico, alle infrastrutture, sono destinatari di interventi annunciati e non realizzati. Il Patto di Stabilità è stato l’alibi dell’amministrazione regionale a sostegno di un sostanziale immobilismo».

Si proclamano 820 milioni per la metropolitana di Napoli, 300 dal Cipe, ma non c’è certezza sui 520 a carico della regione. Circa 623milioni sono stati stanziati per 219 progetti del Piu Europa ma solo 53 sono in fase di realizzo. Risultato: oltre 30mila edili hanno perso il lavoro, il monte salari si è ridotto di oltre 200milioni; fermi al palo oltre 3miliardi per opere pubbliche; le ore di cassa integrazione sono passate da 354mila a 539mila (più 52%); le Casse edili segnalano una diminuzione delle attività tra il 20 e il 30%, con centinaia di aziende scomparse dagli elenchi.

Nero anche il panorama per le tute blu: «Circa il 40% di nuova disoccupazione è nel settore dell’industria – spiega Maurizio Mascoli, segretario regionale Fiom -, si tratta di processi di crisi arrivati al loro stadio finale con l’esaurirsi degli ammortizzatori sociali, lavoratori intorno ai 50 anni di difficile ricollocazione. Una quota significativa è anche quella dei precari, under 29 e under 40, i primi a non essere riconfermati con la crisi». Un disastro che rischia di crescere: le piccole aziende falliscono, i nomi che una volta trainavano l’occupazione campana cercano la fuga.

A cominciare dal gruppo Fiat. A Pomigliano d’Arco sono 1.400 i lavoratori in cig straordinaria: senza un nuovo modello oltre la Panda difficilmente rimetteranno piede in fabbrica. Nella loro situazione ci sono anche i circa 300 dipendenti della logistica di Nola, mai andata in funzione, e i 700 della Pcma, società del Lingotto. Nell’indotto le piccole realtà hanno già chiuso: Fiat ha internalizzato molti servizi e gran parte della componentistica arriva da fuori regione (Termoli, ad esempio, o la Polonia). Così alla Fma di Pratola Serra (che produce motori per il marchio torinese) lavorano solo 4 o 5 giorni al mese. Crisi nera ad Avellino: il Lingotto ha chiuso la Irisbus a dicembre 2011, metà dei 700 lavoratori diretti forse riuscirà ad andare in pensione, l’indotto è distrutto. L’unica soluzione potrebbe essere la cessione dell’impianto a Finmeccanica, che produce bus a Bologna con il marchio Menarini, ma il tavolo al Mise è fermo.

Anche il pianeta Finmeccanica fa la sua parte nella crisi campana. Se venisse dismesso il settore civile ci sarebbero effetti a catena sull’Ansaldo Sts (1.500 dipendenti) e Ansaldo Breda (850) di Napoli; la Selex sta già ridimensionando gli impianti del Fusaro e di Giugliano, spostando la direzione della logistica al nord. In salute invece l’Alenia, che ha resistito all’attacco dei Leghisti, che pure sono riusciti a portare la direzione a Varese.

Fincantieri di Castellammare di Stabia prende fiato con la commessa canadese per l’ecotraghetto, però non basta per i mille dipendenti dell’indotto e poi, senza l’ammodernamento del bacino, si sopravvive senza prospettive. Decimato il distretto casertano, dove la vertenza Firema (circa 400 lavoratori), Indesit (540 esuberi e rischio dismissione) e Jabil (800 lavoratori) raccontano della crisi dei trasporti su ferro, degli elettrodomestici e delle Tlc. «La politica regionale è orientata a dare gli ammortizzatori sociale e non a investire – conclude Mascoli -. I dati più preoccupanti sono proprio quelli sugli investimenti, in continuo calo. Senza un intervento pubblico, integrato con il privato, continueremo a perdere occupazione».