Il premio Pulitzer Seymour Hersh nel suo The Samson Option, scrive che nel 1981, quando il premier israeliano Menachem Begin ordinò agli F-16 di ridurre in macerie – come atto di autodifesa da una «minaccia esistenziale» – la centrale nucleare irachena in costruzione a Osirak, scienziati, ingegneri e tecnici israeliani producevano già da 13 anni bombe atomiche nel sito di Dimona, nella regione arida del Negev. Nel sottosuolo, con l’aiuto determinante dei francesi e sotto l’impulso di David Ben Gurion, Shimon Peres ed Ernst David Bergmann, gli israeliani avevano costruito, già alla fine degli anni ’50, un reattore nucleare ufficialmente a scopo di ricerca, in realtà per produrre il plutonio per gli ordigni atomici. A distanza di più di 60 anni il programma israeliano resta avvolto nella nebbia della cosiddetta «ambiguità nucleare» portata avanti sino a oggi su suggerimento del generale Uzi Eilam, con cui lo Stato ebraico non conferma né nega di possedere le almeno 80 testate atomiche che gli attribuiscono gli esperti internazionali. Più di tutto, da sei decenni, quel programma non è soggetto ad alcun controllo internazionale.

Israele non ha mai aderito al Trattato di non proliferazione che vieta agli Stati firmatari di procurarsi o assemblare armi atomiche, agli Stati «nucleari» di trasferire a chicchessia ordigni e pone la produzione dell’energia atomica a scopi civili sotto il controllo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea). Eppure il mistero, favorito dal silenzio dei paesi europei e degli Stati uniti sul programma nucleare segreto di Israele non ha impedito alla centrale di Dimona di tornare in questi giorni alla ribalta internazionale, mentre Tel Aviv chiede con forza la conferma delle sanzioni economiche e della linea del pugno di ferro contro l’Iran e il suo programma di produzione di energia atomica. Grazie a foto satellitari analizzate da esperti per conto dell’agenzia di stampa americana AP, si è appreso che la centrale di Dimona è al centro di importanti progetti di costruzione, i più ampi degli ultimi decenni. Le immagini della società Planet Labs Inc. mostrano uno scavo di enormi dimensioni a poche decine di metri dal reattore del Centro di ricerca nucleare “Shimon Peres”. Non è possibile, spiega la AP, stabilire a cosa serva la nuova costruzione e le autorità israeliane non hanno risposto alla richiesta di chiarimenti presentata dall’agenzia statunitense.

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Per decenni poco o nulla è cambiato a Dimona. Poi la scorsa settimana un gruppo di scienziati dell’Università di Princeton ha notato «nuove costruzioni significative» nel sito esaminando foto satellitari commerciali. Le immagini sono state acquistate lunedì dalla AP per vederci più chiaro. A sud-ovest del reattore, riferisce l’agenzia, è stata scavata una buca lunga 150 metri e larga 60. Circa due chilometri a ovest del reattore si notano due fori rettangolari con basi di cemento simili a quelli usati per seppellire i rifiuti nucleari. Tra le ipotesi formulate dagli esperti interpellati dalla AP c’è la probabile intenzione delle autorità israeliane di accrescere la sicurezza del reattore operativo dagli anni ’60. Già 15 anni fa furono distribuite pillole di iodio a tecnici e militari impiegati a Dimona per possibili fughe radioattive. «Penso che il governo israeliano si preoccupi di preservare e mantenere le attuali capacità nucleari della nazione. Se, come credo, il reattore di Dimona si avvicina allo smantellamento è lecito attendersi che Israele si assicuri che alcune funzioni, ancora indispensabili, siano completamente sostituite», spiega Avner Cohen, professore di studi sulla non proliferazione al Middlebury Institute di Monterey.

Altri specialisti ipotizzano che Israele intenda produrre più trizio, un sottoprodotto radioattivo a decadimento più rapido utilizzato per aumentare la resa esplosiva di alcune testate. O forse altro plutonio per prolungare la vita delle testate già presenti nel suo arsenale. Qualcuno invece è sorpreso che una azienda privata abbia potuto vendere quelle immagini senza limitazioni. Israele, per ragioni militari e di sicurezza, svolge una costante azione di controllo delle foto satellitari del suo territorio. Sorge perciò il sospetto che proprio il governo Netanyahu abbia lasciato campo libero alla Planet Labs Inc. allo scopo di lanciare un avvertimento all’Iran mostrando l’operatività del suo impianto di produzione di ordigni atomici.

Tra ipotesi e teorie sui motivi dei lavori in corso nel Negev, emerge una ulteriore conferma delle rivelazioni sul programma atomico di Israele fatte nel lontano 1986 al Sunday Times da Mordechai Vanunu, il tecnico nucleare impiegato per anni nella centrale di Dimona. Vanunu, che ha pagato la sua denuncia con 18 anni di carcere (in gran parte in isolamento), vive dal 2004 a Gerusalemme in un regime di libertà vigilata permanente che gli vieta molte cose, a cominciare dai contatti con la stampa straniera e di poter lasciare paese. Gli apparati di sicurezza israeliani temono che possa rivelare segreti vecchi di quasi 40 anni e che le immagini satellitari hanno in gran parte svelato al mondo.