Due milioni e quattrocento mila lavoratori al voto. E per la prima volta anche i precari, perfino come candidati. Parte oggi la tre giorni per le elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie nel settore pubblico. È l’appuntamento sindacale più importante dell’anno e difatti ha già mobilitato tutte le confederazioni con investimenti ingenti anche in pubblicità. Una partita lunga che durerà ancora mesi se – come accaduto nel 2012 – l’agenzia governativa per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) certificherà i risultati dopo cinque mesi.

A votare saranno tutti i dipendenti pubblici tranne medici, forze dell’ordine, vigili del fuoco, magistrati e dipendenti di regioni a statuto speciale la cui contrattazione non fa capo all’Aran. Per la prima volta voteranno anche circa 200mila precari: dai cococò (che nel pubblico esistono ancora) ai borsisti della giustizia, dai tanti tempi determinati nella sanità ai borsisti nelle università. Centinaia sono anche i precari che si sono candidati a condizione di avere un contratto in essere almeno fino al 30 giugno.

Come detto i risultati ufficiali delle elezioni di marzo 2012 arrivarono a fine settembre. Con una partecipazione oltre l’80 per cento degli aventi diritto, a vincere fu la Fp Cgil con una media tra i quattro comparti (scuola, ricerca, università e alta formazione) del 33 per cento, la Cisl seconda (ma sotto al 25 per cento), poi Uil (poco sopra il 15 per cento) poi Usb (forte anche di uno spostamento di dirigenti ex Cgil) e Ugl (ora in grande difficoltà per gli scandali giudiziari) tutti sopra la soglia del 5 per cento, superata anche da molti sindacati autonomi come Snals e Gilda nella scuola.

In tre anni le cose per i pubblici sono molto peggiorate. Il contratto è bloccato ormai da sette anni e la riforma Madia ha già colpito fortemente i sindacati con un taglio del 50 per cento dei distacchi e dei permessi, mentre la mobilità forzata entro i 50 chilometri ha già colpito i primi lavoratori per non parlare dell’incertezza più totale sul destino dei dipendenti delle Province (in tante zone d’Italia i dipendenti continuano ad occupare le sedi).

Anche per questo da parte del governo e della dirigenza sta arrivando un messaggio minaccioso ai lavoratori: «Non andate a votare», con perfino alcuni sindaci in prima fila per boicottare il voto e indebolire i sindacati. «La partecipazione sarà la risposta – spiega Rossana Dettori, segretario generale della Fp Cgil -. Noi abbiamo intitolato la nostra campagna “Siamo un’altra storia” per sottolineare che abbiamo mantenuto gli ideali di uguaglianza contro i corporativismi e gli egoismi e che siamo per una contrattazione inclusiva dei precari, dei lavoratori degli appalti e delle cooperative. Non dobbiamo farci dividere dal Jobs act che non va bene né per il settore privato che per il pubblico». Francesco Scrima, coordinatore Cisl lavoro pubblico promette di «lavorare da subito contro il blocco del contratto» mentre «il governo vuole calare dall’alto riforma che non servono», mentre l’Usb chiede di votare «l’unico sindacato degno di questo nome».

Il sistema di voto del settore pubblico è stato modello per l’accordo sulla rappresentanza fra Confindustria e sindacati che ancora stenta a vedere la luce. «Noi votiamo dal 1998 ma il testo unico prevede anche il referendum vincolante sui contratti che noi non abbiamo – sottolinea Dettori – : noi chiediamo che ci sia anche nel pubblico».