Aspettavano nella legge di bilancio la tanto promessa «abrogazione delle liberalizzazioni sulle aperture del decreto Monti». E invece gli 1,4 milioni di lavoratori del commercio si sono trovati per il settimo anno di fila a dover lavorare a natale, a santo Stefano e a capodanno.
La rabbia verso Luigi Di Maio e il M5s che avevano promesso una legge a breve per regolamentare le aperture si è scatenata sui social.
Il decreto Monti del 24 gennaio 2012 liberalizzava in toto le aperture degli esercizi commerciali e aveva lo scopo di rivitalizzare i consumi. Obiettivo mai realizzato tanto che nel 2017 i consumi delle famiglie sono calati di 5 miliardi di euro.
Il disegno di legge era stato depositato dal M5s già in estate. È composto di due soli articoli e di fatto abroga l’articolo 31 del cosiddetto «Salva Italia». Una proposta molto restrittiva rispetto a quanto affermato dal ministro Luigi Di Maio il 17 luglio – «il nostro progetto di modifica individua nell’arco dell’anno 12 giorni festivi, di cui 6 nei quali si lavora solo al 25% su uno specifico territorio» – vissute già come una doccia gelata dai lavoratori che tifavano per il progetto di legge sottoscritto anche dal sottosegratario al Lavoro Claudio Cominardi, sempre M5s.
Grande distribuzione, ipermercati, outlet sono sempre aperti e solo gli scioperi o le diffide possono fermare le richieste di aziende e capi verso commesse e operatori del commercio.
Filcams, Fisascat e Uiltucs della Toscana hanno proclamato lo sciopero dal lavoro per il 25 e 26 dicembre 2018 e per il primo gennaio 2019. Sottolineando che «molte sentenze hanno sancito che il lavoro nelle festività civili e religiose individuate dal Contratto nazionale non è un obbligo e il lavoratore non può essere comandato al lavoro senza il proprio consenso». Anche le organizzazioni sindacali del commercio del Lazio e dell’Umbria e di Palermo hanno invitato tutte le lavoratrici ed i lavoratori a scioperare o non dare la propria disponibilità ad effettuare prestazioni straordinarie festive per le giornate del 25 e 26 dicembre e 1 e 6 gennaio.
Hanno scioperto i lavoratori del centro commerciale Globo di Busnago (Monza) che ha deciso di rimanere aperto il 26 dicembre. I 600 lavoratori hanno raccolto le firme per chiedere alla dirigenza di ripensarci ed hanno organizzato una protesta per domenica 23 dicembre, l’antivigilia di Natale. Per la Filcams, “La festa non si vende” (la campagna contro le totali liberalizzazioni degli orari e delle aperture nel commercio) continua.
I Cobas invece utilizzano lo strumento della diffida sindacale. Il sindacato usa un prototipo in cui «richiede l’immediata rettifica delle turnazioni», ricordando «alla società che il lavoro festivo è sempre (in maiuscolo, ndr) facoltativo, come ben specificato agli articoli 131 e 132 del vigente Contratto nazionale della distribuzione cooperativa e più volte confermato dalla Corte di Cassazione. Il lavoro festivo – continua la diffida – può essere rifiutato dal lavoratore. La Corte di Cassazione con la sentenza 16592 del 7 agosto 2015 ha affermato la legittimità della condotta di un lavoratore che si è rifiutato di lavorare», mentre «il lavoro festivo “non è un obbligo nemmeno se è scritto sul contratto”, afferma la sentenza del tribunale di Bologna del 15 settembre 2017 e con la pronuncia n. 16592/2015 la Suprema Corte ha stabilito anche che gli accordi in sede collettiva non possono abdicare ad un diritto soggettivo – quello appunto al riposo nei giorni festivi».
«Di Maio aveva promesso “festivi con i negozi chiusi entro l’anno” e non l’ha fatto – attacca Francesco Iacovone dei Cobas – . In più a causa del decreto Dignità molti lavoratori precari non saranno rinnovati e perderanno il posto. La rabbia di tantissimi lavoratori che hanno votato M5s sta montando», avverte.