«Sembra incredibile , ma le femministe dello Stato di Oaxaca sono l’avanguardia di una marea verde che spero investa tutto il Messico». Elena, quarantenne avvocata è membro del Grupo de Informacíon en Reproducíon Elegida (GIRE), si riferisce al voto “storico” col quale lo scorso 26 settembre il Congresso dello Stato di Oaxaca ha votato (24 a favore, 12 contro) la depenalizzazione dell’aborto.

«SI TRATTA – PRECISA ELENA – di uno degli Stati del Messico con il peggior livello educativo, con un indice alto di emarginazione e povertà (23% della popolazione in condizione di povertà estrema), con più di 400 municipi indigeni, dove i diritti delle donne per lunghi anni non sono mai stati una priorità. Ora diventa uno Stato verde, un referente per la lotta femminista nel paese ma anche in America latina». In effetti, visto dalla zona turistica di Cancún dove incontro Elena, quello che accade in Oaxaca sembra lontano. Qui il corpo della donna è un must per la pubblicità di tutti i tipi per attrarre i turisti. Nei locali, come quello che sta di fronte alla gelateria dove ci incontriamo, ballano giovani ragazze in costumi succinti.

Il cartello di Cancún ricicla qui il denaro che viene da droga, gioco, prostituzione. È difficile – sostiene Elena – portare avanti un discorso e una lotta femminista. «Però anche qui lo scorso 28 settembre abbiamo partecipato alla protesta in appoggio all’aborto legale. Ci siamo unite al Grito Global lanciato dalle femministe dell’Argentina, che quest’anno hanno ottenuto una grande vittoria nel loro paese».

IN QUINTANA ROO, come nel resto del paese, ad eccezione di Città del Messico e ora di Oaxaca, è legale solo l’aborto in seguito a stupro, altrimenti è punibile con una pena da sei mesi a due anni di carcere. «Si può accedere all’interruzione di gravidanza – prosegue Elena – anche per altre cause, come il rischio per la vita o per la salute o per ragioni socioeconomiche. Ma ovviamente questa possibilità riguarda gente con denaro. Non certo per la popolazione Maya relegata al fondo della società. Si hanno solo cifre assai approssimate degli aborti clandestini, anche se al GIRE stimiamo che l’aborto sia la terza causa di morte materna».

 

Un’azione del collettivo Marea Verde di Città del Messico sul viadotto Río de la Piedad

 

Lo scorso 16 settembre il presidente Andrés Manuel López Obrador, nell’ambito delle riforme che promuove dal suo insediamento, il primo dicembre dell’anno scorso, ha inviato alla Camera dei deputati un progetto di legge di amnistia per donne in carcere per aborto. Però – spiega Elena – si tratta di una legge federale e dunque riguarda solo le donne accusate a livello federale.

COME HA DICHIARATO IL GIRE, «la depenalizzazione dell’aborto in Oaxaca è un atto di giustizia sociale che amplia la libertà e protegge la vita e la salute delle donne che vivono in una delle zone con maggiore forbice sociale di diseguaglianza». «Ci battiamo – prosegue Elena – perché questo atto di giustizia sia esteso anche al nostro Stato, il Quintana Roo». Per questo si è recata assieme ad altre militanti a vedere come si lavora nella Casa Libertad para las Mujeres a Oaxaca.

Naturalmente anche a Cancún, come a Oaxaca, la Chiesa cattolica ha lanciato strali contro la decisione del Congresso di Oaxaca. Un comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale messicana afferma che la depenalizzazione dell’aborto causa «un grave deterioramento morale». Assieme ad altre organizzazioni civili – Marea Verde-Quintana Roo e Derechos Autonomías y Sexualidades – «l’anno scorso abbiamo presentato, mediante la Ley de Partecipación Ciudadana, una proposta per la depenalizzazione dell’aborto, che però si è insabbiata in una commissione del Congresso. Dopo la clamorosa vittoria in Oaxaca torneremo alla carica».