La sua vita sugli scaffali giapponesi è terminata nel 2002, ma la rivista antologica Garo mantiene a tutt’oggi una posizione ed un’importanza speciale nello sviluppo della cultura visuale nipponica del dopoguerra. Fondata nel luglio del 196 da Katsuichi Nagai, ricorre quindi in questi giorni il cinquantacinquesimo anniversario del suo lancio, Garo è stata una rivista dedicata a fumetti d’avanguardia ed illustrazioni sperimentali che nel corso dei decenni, ma specialmente nelle prime due decadi della sua esistenza, ha funzionato come un vero e proprio aggregatore di talenti. Alla fondazione della rivista contribuisce in maniera fondamentale anche Sanpei Shirato, autore di Sasuke e della saga di Kamui, le storie del samurai ribelle attraverso le quali l’autore metteva sulle pagine la lotta di classe e la rabbia verso i potenti che molto rifletteva lo spirito dell’epoca. La rivista esce infatti in un anno cruciale nella storia dell’arcipelago, solo tre mesi prima dell’inizio delle Olimpiadi, le prime nel continente asiatico, evento che simbolizza la definitiva uscita del Giappone dal periodo di ricostruzione post-bellica e l’entrata nella modernità, con tutti i lati oscuri che questo comporta. Proprio all’ombra creata dall’impeto di cambiamento economico, uno stravolgimento culturale e sociale dettato soprattutto da una forte industrializzazione, si rivolgono ed attingono a piene mani molti degli artisti che pubblicarono su Garo, siano essi autori di fumetti o illustratori.

INVENTARE un nuovo linguaggio per il fumetto, sperimentare e cercare nuove strade espressive, è, come successo nel cinema giapponese dell’epoca, anche una protesta che i giovani artisti rivolgono implicitamente contro la generazione dei loro padri, quella che ha portato il paese alla devastazione e alla tragedia dell’imperialismo e della conseguente Guerra del Pacifico. Anche Yoshihiro Tatsumi, autore che negli anni cinquanta inizia di fatto il fenomeno dei gekiga, «immagini drammatiche» per differenziarsi dal più leggero significato di manga, pubblica alcune delle storie più significative proprio su Garo. Di Yoshiharu Tsuge, la cui produzione è assai vasta e composita, ricordiamo almeno Nejishiki, uscito sula rivista in questione nel 1968, storia di stampo surrealista e dal tono quasi allucinatorio, che molto avrebbe influenzato la scena dei manga alternativi, e non solo, del decennio successivo. Ma sulla rivista pubblicano e contribuiscono alla sua crescita anche Shigeru Mizuki, il padre di GeGeGe no Kitaro, e Teruhiko Yumura, conosciuto spesso con lo pseudonimo di King Terry, fumettista ed illustratore che creò molte delle più belle copertine per la rivista, quelle fra gli anni settanta e ottanta.

ARTISTA a tutto tondo, Yumura fa del tratto scarno e volutamente brutto, la sua caratteristica più riconoscibile, con forti ed evidenti influenze provenienti dal mondo pop americano. Nel 1980 debutta su Garo anche la mangaka Hinako Sugiura, artista scomparsa nel 2005 a soli 47 anni, che si specializza soprattutto nel ritrarre e raccontare la vita quotidiana del periodo Edo, ricordiamo almeno il bel Miss Hokusai, diventato un lungometraggio animato nel 2015. Un’altra artista importante che debutta sulla rivista, quasi esattamente un decennio dopo Sugiura, è Nekojiru, nom de plume di Chiyomi Hashiguchi, che nel 1990 realizza Nekojiru Udon. Anch’essa putroppo scomparsa prematuramente, suicidatasi nel 1997 a soli 31 anni, dedicò quasi tutta la sua breve via ad inventare e disegnare storie con protagonisti gatti impegnati nella vita di ogni giorno.

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