Cuba si prepara a stringere la cinghia e intanto Raul Castro procede a un rimpasto. Al ministero di Economia e Pianificazione esce Marino Murillo ed entra Ricardo Cabrisas: «un compagno storico – dice una nota ufficiale – che ha un’ampia esperienza e preparazione», dimostrata anche dalle «rilevanti missioni svolte, tra cui il recente processo di ristrutturazione del debito estero del paese». Murillo si dedicherà «all’aggiornamento del modello economico e sociale cubano». Anche il ministero dell’Educazione cambia titolare, al posto di Rodolfo Alarcon va José Saborido. Nei giorni scorsi, c’era stato un altro avvicendamento al ministero di Cultura: è ritornato «provvisoriamente» Abel Prieto e se n’è andato Julian Gonzalez Toledo.

Intanto, vanno avanti i negoziati con gli Stati uniti. Il terzo round che si è svolto per due giorni all’Avana, non ha prodotto la firma di nessun nuovo accordo. Sul tavolo, sempre gli stessi macigni: il persistente blocco economico, finanziario e commerciale imposto dagli Usa all’indomani della rivoluzione cubana, e la base di Guantanamo, che Cuba vuole riavere. La scorsa primavera, dopo la riapertura delle relazioni ufficiali tra i due paesi, gli Stati uniti avevano annunciato alcuni cambiamenti in materia di viaggi, commercio e transazioni finanziarie.

I primi effetti si sono visti soprattutto nel campo turistico e culturale. A fine giugno, per esempio, per la prima volta dopo oltre 50 anni, ha aperto i battenti all’Avana la prima installazione turistica gestita da una compagnia nordamericana, l’Hotel “Four Points by Sheraton”, della Starwood Hotels & Resorts Worldwide. E altre seguiranno. Otto compagnie aeree hanno offerto voli diretti tra Stati uniti e Cuba e si è raggiunto un accordo per aprire una rotta commerciale di voli per 110 viaggi al giorno andata e ritorno. Un allentamento che ha aperto il mercato cubano anche agli interessi europei, invogliati da una serie di agevolazioni fiscali. Il beneficio più evidente conseguito dall’Avana dopo la riapertura dei canali diplomatici è stata la ristrutturazione del debito – tra l’altro con la Russia, con il Messico e con l’Italia.

Ma gli Usa procedono su un doppio binario: da una parte i negoziati, dall’altra le sanzioni. Martedì scorso, nel progetto di legge sul bilancio dei servizi finanziari e spese generali del governo per il 2017, la Camera nordamericana ha approvato nuove clausole che inaspriscono le sanzioni all’Avana. Ora la parola passa a Obama, che potrebbe bloccare il progetto di legge.

La situazione, per Cuba, «è complessa», ha detto giorni fa il presidente Raul Castro: a fronte di una bassa crescita – 1% durante il primo semestre, inferiore al necessario – e della drastica diminuzione delle entrate petrolifere provenienti dal Venezuela. Nell’ambito dei nuovi rapporti solidali sud-sud, Caracas ha somministrato per anni all’Avana 105.000 barili di petrolio al giorno a basso costo, prevalentemente pagati con lo scambio di beni o servizi (medici, insegnanti e tecnici). Inoltre, il governo cubano ha potuto disporre delle eccedenze di crudo venezuelano raffinato a Cienfuegos, che ha potuto esportare sul mercato.

Ora, però, il quadro è sensibilmente mutato. La drastica caduta del prezzo del petrolio ha fatto crollare le entrate del Venezuela, che custodisce le prime riserve di petrolio al mondo, e che dedica oltre il 70% dei ricavi ai progetti sociali. Nonostante la crisi, il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha mantenuto le coperture sociali. Dopo il varo di misure economiche d’emergenza, che puntano a differenziare le possibilità di entrate, in questi giorni ha anzi annunciato di voler ulteriormente aumentare le tutele per la parte meno favorita della popolazione, particolarmente colpita dal sabotaggio economico dei poteri forti e dallo stratosferico aumento dei prezzi imposto dai commercianti a dispetto dei controlli.

Il parlamento – dove le destre sono maggioritarie dopo la vittoria elettorale del 6 dicembre – blocca però il flusso delle relazioni commerciali avviate dal 2004 con la costituzione dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli delle nostre Americhe, ideata da Cuba e Venezuela. Per l’opposizione, che ha protestato anche per la decisione di Maduro di inviare aiuti in emergenza ai terremotati dell’Ecuador, si tratta di «spese inutili». Maduro, che ha ricevuto anche di recente il pieno sostegno di Raul Castro di fronte agli attacchi internazionali contro il socialismo bolivariano, vuole continuare a sostenere Cuba. Il ritorno delle forze conservatrici in America latina, però, rende il proposito arduo: l’Argentina è andata a Destra, il Brasile pure e i loro governi, insieme a quello del Paraguay, cercano di estromettere il Venezuela dal Mercosur.

Cuba prova a differenziare i propri partner commerciali. Per non subire ricatti esterni dovrà però «ridurre le spese di ogni tipo e prepararsi a tempi duri», ha detto Raul Castro. E il compito di «aggiornare le riforme» attribuito a Murillo – che per alcuni potrebbe essere il prossimo presidente e per questo sarebbe stato messo al riparo da decisioni scomode – non sarà facile. Tuttavia – ha aggiunto Raul Castro – «siamo preparati, le speculazioni e gli auguri di un imminente collasso della nostra economia saranno scongiurati».