Il futuro del nord della Siria dopo l’accordo, mediato da Mosca, tra le Fds curde e l’esercito di Damasco, è l’interrogativo di queste ore. Ne abbiamo parlato con Oraib Rintawi, analista politico ed editorialista del quotidiano Al Dostour.

L’alleanza tra curdi e Damasco, favorita dalla Russia, quali riflessi potrebbe avere.

Al momento è difficile prevederlo. Gli sviluppi nel nord della Siria sono continui oltre che drammatici. Tuttavia è chiaro che questa alleanza, almeno sulla carta, offre al governo centrale e al presidente Assad l’opportunità di riavere le regioni settentrionali del paese rimaste per anni sotto il controllo pieno dell’Autonomia curda. Damasco però intende evitare lo scontro militare diretto con la Turchia. Molti si chiedono: i soldati siriani proveranno ad entrare nella “zona cuscinetto” che sta mettendo in piedi la Turchia? Le truppe di Assad riceveranno l’ordine di affrontare in modo aperto l’Esercito nazionale (En), ossia la milizia siriana addestrata dalla Turchia? Di tutto questo discutono Turchia, Russia e Iran, i tre paesi della conferenza di Astana sulla Siria. Mosca dovrà dimostrare grande abilità per trovare un punto di convergenza tra due interessi, quelli di Siria e Turchia, che sono ampiamente divergenti.

L’offensiva turca ha messo fine all’autonomia curda e all’esperienza del Confederalismo democratico?

Anche in questo caso occorre essere cauti nei giudizi perché è ancora tutto in gioco. I leader curdi in queste ore oltre ad organizzare la resistenza all’attacco militare turco, riflettono sull’accordo con il governo centrale che, per ora, pare riguardare solo il campo militare. Sanno che il sogno dell’autonomia curda svanirà se nessuno fermerà i generali di Erdogan. Quando smaltiranno la rabbia per il tradimento di Donald Trump e la conseguente invasione turca, dovranno prendere atto che il futuro della Siria settentrionale non è più soltanto nelle loro mani e che rivolgersi ancora a Mosca per definirlo. L’uscita di scena degli Usa è reale anche se dubito che durerà a lungo.

I russi sono sinceri quando dicono che la Turchia non li aveva informati dell’intenzione di invadere il nordest della Siria.

Penso di sì. Certo, esistono la conferenza di Astana e le varie forme di collaborazione tra Mosca, Tehran e Ankara. Ma Erdogan non aveva bisogno del via libera della Russia, come per le due precedenti operazioni militari turche (Scudo dell’Eufrate e Ramoscello d’Ulivo, ndr) avvenute nella fascia nordoccidentale della Siria. Stavolta (Erdogan) voleva luce verde da Trump, così quando il segnale è arrivato l’offensiva è scattata subito. Non bisogna commettere l’errore di vedere il processo di Astana come una unione perfetta degli interessi dei paesi coinvolti. Non è così, Astana serve a trovare dei compromessi accettabili da tre paesi che guardano alla regione mediorientale con occhi molto diversi.

La Russia prova a prendere il posto degli Stati uniti in Medio oriente dopo il disimpegno di Trump? Vladimir Putin ora è in Arabia saudita, poi andrà negli Emirati.

Le incognite sono molte ma la Russia ha già fatto un bel po’ di strada verso quel traguardo. Quattro anni fa Mosca era scesa in campo per aiutare l’alleato Bashar Assad a vincere la guerra, nel frattempo ha allacciato relazioni con vari attori regionali e ha stretto i rapporti con le monarchie sunnite alleate di Trump. La diplomazia russa si è dimostrata efficace nella regione e i paesi arabi del Golfo, che pure considerano Mosca un’amica dei loro avversari, Siria e Iran, hanno compreso che non possono tenere fuori la porta un paese tanto decisivo e influente. Ha destato forte impressione la mediazione russa che due giorni fa ha capovolto un sistema di alleanze che resisteva da anni e portato i curdi e il governo centrale siriano ad un’intesa ritenuta impensabile appena una settimana fa. Il viaggio di Putin nel Golfo dimostra ampiamente il peso crescente della diplomazia russa. Il Cremlino inoltre non è arrogante come Trump, che due anni fa affermò senza mezzi termini che i paesi arabi alleati devono pagare profumatamente il costo della protezione garantita dagli Stati uniti.

La Russia può mettere fine allo scontro Arabia saudita – Iran ed evitare una possibile guerra tra i due paesi?

Non è sarà facile ma ci sta provando in molti modi. Dovesse riuscirci, (Mosca) incasserà frutti politici, diplomatici ed economici eccezionali e spezzerà il monopolio statunitense sulla regione.