Dopo quasi due mesi, Luigi Di Maio ha trovato il bandolo della matassa. A bloccare la proroga della Cig per i 600 operai della Blutec di Termini Imerese, era la legge. E così, dopo essersi consultato con i tecnici del suo ministero dove la pratica giaceva dal 7 gennaio scorso, il ministro ha predisposto un emendamento per risolvere l’impasse che aveva costretto gli operai a organizzare i presidi davanti alla fabbrica, alle manifestazioni in piazza a Palermo, alle occupazioni nel municipio di Termini Imerese, e ai sindaci del comprensorio, una decina, a volare a Roma per protestare dinnanzi al Mise con momenti di tensione con le forze dell’ordine.

Dieci giorni dopo la clamorosa iniziativa degli amministratori, Di Maio ieri a Termini Imerese, davanti a una folta rappresentanza di sindacalisti e sindaci, ha assicurato che per la proroga è solo una questione di giorni.

Accolto da una insolita nevicata e un clima rigido, Di Maio, nell’incontro durato circa due ore, ha spiegato le mosse del governo per provare a sbloccare una vertenza che si trascina da sette anni, da quando Fca (allora Fiat) decise di chiudere lo stabilimento poi passato, dopo tanti e discutibili progetti tutti falliti, a Blutec, nel cui managment figurano vecchie conoscenze del Lingotto. Agli operai il vice premier, rientrato a Roma subito dopo la riunione, ha assicurato la proroga della Cig fino a giugno, a partire dal primo gennaio. Rimane aperto, invece, il fronte rilancio.

Nulla Di Maio ha detto sui mancati impegni di Blutec, che galleggia da circa cinque anni, tenendo congelati 350 milioni appostati nell’accordo di programma quadro per il rilancio dell’area industriale. L’azienda avrebbe dovuto assorbire 800 operai a fine dell’anno scorso, invece in fabbrica lavorano 130 persone senza in realtà alcuna mission industriale.

La produzione non è mai ripartita e sulla tenuta finanziaria della società sta pure indagando la Procura di Termini Imerese, dopo che Invitalia ha chiesto la restituzione del finanziamento perché Blutec non avrebbe utilizzato i fondi o lo avrebbe fatto in modo differente rispetto agli accordi.

Su questo il ministro è apparso evasivo, se non ribadire quello che aveva già detto quattro mesi fa, quando parlò davanti ai cancelli della fabbrica tra gli applausi dei lavoratori, che anche ieri gli hanno concesso un’altra chance. forse l’ultima.

«Il caso Blutec non è solo una vertenza ma una questione di rispetto dello Stato: l’azienda deve rispettare lo Stato che ha erogato soldi pubblici», ha ammonito il ministro che lo scorso ottobre aveva definito la proprietà di Blutec «prenditori». «Qui ci sono dei lavoratori, diverse centinaia, che aspettano di essere riassunti nello stabilimento – ha detto – Lo Stato si deve fare rispettare: questo territorio vuole lavoro, sta vivendo e ha vissuto lo scotto della trasformazione del mondo del lavoro soprattutto dell’automotive, che ha sacrificato Termini Imerese.

Blutec ha preso impegni con lo Stato e col territorio, deve rispettarli». Confermando la riunione in programma il 5 marzo al Mise, Di Maio ha tirato in ballo anche Fca «che deve fare la sua parte a Termini Imerese, perché è vero che ha deciso di andare via nel 2009 ma si è impegnata a garantire la transizione attraverso Blutec, azienda che è fornitrice di Fiat da tanti anni». Quindi l’affondo: «La cosa che non sopporto è quando qualche azienda viene al ministero, presenta il suo progetto e per raggiungere degli obiettivi ottiene soldi pubblici ma poi non rispetta quegli impegni; molti soggetti erano stati abituati male».

«Ho preso l’impegno di portare avanti un progetto in questo territorio con una visione di medio e lungo termine», ha assicurato il ministro. Soddisfatti Fim Fiom e Uilm, che ora aspettano risposte sugli impegni di Blutec per il riavvio delle attività e l’assorbimento dell’intera manodopera. Sullo sfondo c’è la suggestione Honda o Nissan, che hanno annunciato nei giorni scorsi la chiusura degli stabilimenti in Gran Bretagna per via della Brexit.

Potrebbero arrivare a Termini Imerese? «Datemi tempo per verificare», ha sostenuto Di Maio, incalzato su questo fronte dalla Fiom che ha sollecitato il governo ad avviare una interlocuzione con le due multinazionali per capire se c’è un interesse per delocalizzare proprio a Termini Imerese i loro impianti britannici.