C’è aria di dialogo, a sinistra. E se qualcosa si sta muovendo, e con qualche speranza, è perché a partire dalla società si levano segnali di richiesta di alternativa, affioranti da un malessere profondo.

La scuola in primo luogo. Poi il lavoro e politiche sociali eque e redistributive, i diritti civili e laici, l’immigrazione e un’idea di Europa che sappia guardare ai nuovi scenari aperti dal referendum greco. L’agenda alla sinistra che deve unirsi – perché deve unirsi – dovrà dettarla la condizione materiale delle persone, al di là di qualunque scorciatoia elettoralistica o politicistica.

Cosa succede in questo contesto a un partito come Sel? Sinistra ecologia libertà ha perso lo smalto con cui si era affacciata sulla scena della politica: per molti errori commessi al suo interno e per la scomoda posizione che si era scelta fin dal principio, di incarnare la funzione di facilitatore di un processo unitario a sinistra.

Alcune titubanze in relazione al Partito democratico, e le conseguenti scelte di posizionamento, hanno fatto il resto.

C’è chi oggi ritiene utile uno scioglimento oppure un alleggerimento immediato di Sel, nella speranza che un gesto di auto-dissoluzione incoraggi gli altri soggetti interessati a dismettere le proprie appartenenze per convergere contemporaneamente nel progetto unitario. A noi non sembra che una simile accelerazione sia di aiuto.

La sinistra avrà bisogno di tempi più lunghi per consolidare una ipotesi ricompositiva, anche se essa deve avviarsi da subito. È necessario un processo molecolare di ricostruzione del conflitto e della partecipazione, del nesso di rappresentanza e della mediazione in forme nuove, da costruire nei movimenti, nelle lotte, nel Parlamento, nel contesto internazionale.

Vanno ripensate senz’altro certe forme di partecipazione che hanno rivelato tutti i loro limiti, come le primarie, vanno consolidate scelte di campo profonde, strategiche, non passibili continuamente di essere rimesse in discussione.

Ma soprattutto va aperto un percorso di estrema chiarezza, di trasparenza nei processi decisionali, attraverso la formula una testa un voto, che valorizzi tanto le esperienze già in campo quanto le singole persone che vogliano avvicinarsi a questa impresa, ed è chiaro che almeno per un certo tempo bisogna ragionare su forme di adesione compatibili con più percorsi contemporaneamente, proprio per non disperdere nessun patrimonio.

Il Pd ha intrapreso una strada che va altrove dalla sinistra, e per sinistra intendiamo anche il variegato arcipelago di mondi dall’ecologia al femminismo, dai movimenti per i beni comuni e per il reddito fino al precariato diffuso.

Il continuo gioco delle alleanze nelle infinite elezioni locali, in contraddizione con un impianto programmatico chiaro, non può che nuocere a un soggetto necessariamente alternativo a quel partito. Per questo il terreno della contesa culturale ed elettorale deve essere quello della grande politica, della definizione di un profilo inequivocabilmente antiliberista e per ciò nei fatti distante e autonomo dai partiti e dai governi liberisti.

Per queste ragioni crediamo che Sel abbia ancora motivo di continuare il suo cammino, riorientandolo e mettendo a disposizione di questo processo di costruzione del nuovo soggetto politico la sua organizzazione, i suoi ragionamenti, il suo gruppo parlamentare, ma soprattutto le molte generose relazioni nei territori, costruite negli anni con tanti soggetti diversi.

Costruire una soggettività politica, consapevoli della complessità delle cose e desiderosi di essere utili, è un’impresa alla quale è necessario accedere con umiltà e senso della storia, senza fermarsi al pedigree o alla presunta appetibilità mediatica degli interlocutori.

È bene che questo processo si prenda i suoi tempi, per consentire alle iniziative oggi in corso di dialogare, di decantare, di costruire momenti pubblici e azioni politiche quanto più possibile comuni; favorendo la crescita dei movimenti sociali e l’emersione di un gruppo dirigente nuovo e libero da pregiudizi escludenti, che sono proprio ciò di cui dobbiamo liberarci.

Quello di cui c’è bisogno è una sinistra capace di fare i conti con la sua storia di sconfitte e con la sua malata interpretazione del gramsciano spirito di scissione, di superare il personalismo da cui è stata contaminata, di leggere nel ruolo di governo e in quello di opposizione due momenti ugualmente fondamentali del senso dello Stato, non il risultato di una continua gara che definisce vincitori e perdenti.

Niente accordi di breve respiro, insomma, ma una prospettiva costituente, un processo espansivo di costruzione e consolidamento di una nuova trama di soggettività ed esperienze diffuse di opposizione sociale.

Deve essere questo il patto.

* Presidenza SEL
**Deputata SEL