«Sai che con me non occorrono tante commedie.Non devi dire niente. Non devi neanche fare niente, neanche un gesto.O se vuoi basta un fischio. Sai fischiare, vero, Harry»?
Le parole sono Hemingway adattato da William Faulkner (insieme a Jules Furthman), dietro alla macchina da presa è Howard Hawks, la voce – bassa, morbida, come le fusa di un gatto- è quella di una modella diciottenne che non aveva mai fatto un film. Lauren Bacall – nata Betty Joan Perskee, a Brooklyn, il 16 settembre 1924 da genitori immigrati dalla Polonia e dalla Romania- era stata scoperta sulla copertina di Harper’s Bazar (diretto da Diana Vreeland) da un’altra ex modella, e celebre socialite newyorkese, Slim Keith, allora sposata ad Howard Hawks.

Nelle gambe lughissime, negli zigomi alti di Bacall, in quella sua femminilità seducente e spigolosa, provocatoriamente androgina, «Slim», lei stessa una musa dell’autore di Avere e non avere, aveva riconosciuto il prototipo delle donna hemingwayana –una femme fatale all’americana, forte, indipendente, dallo spirito caustico, non sentimentale.

Era un tipo di donna che piaceva molto anche a Hawks, che infatti, scritturò la giovane modella nel ruolo di Marie Browning (soprannominata Slim…), un’avventuriera americana in Martinica, che si innamora di un disincantato capitano di nome Steve. Il film, liberamente adattato da Avere non avere, era Acque del sud (1942). La sua star Humphrey Bogart.

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Fu su quel set, grazie alla guida di Hawks, che Bacall non solo si liberò del nome Betty diventando Lauren, ma coltivò alcune di quelle che sarebbero diventate caratteristiche ricorrenti del suo personaggio – la voce bassa (Hawks la voleva quasi baritonale anche nelle scene più emotive, e le suggerì di allenarsi leggendo ad alta voce) e quello sguardo speciale, circospetto, dal basso verso l’alto (dovuto, ha raccontato lei in un’autobiografia, all’aver scoperto che tenere il mento vicino al petto l’aiutava a non tremare troppo di fronte a «Bogey»).

Tra i due c’erano venticinque anni di differenza, e lui (al terzo matrimonio) era sposato con Mayo Methot, ma sul set iniziarono una storia d’amore. La loro chemistry sullo schermo fece faville all’uscita del film, quando i due attori avevano già girato insieme (sempre diretti da Hawks) Il grande sonno, adattato dal romanzo di Raymond Chandler. Sulla scia dell’entusiasmo del pubblico, lo studio decise di girare scene aggiuntive tra i personaggi di Bacall e Bogart non inizialmente previste nello script, complicando così ulteriormente la trama di uno dei noir già di per sè più complicati della storia di Hollywood.

L’incontro con Hawks e Bogart (al cui fianco, dopo averlo sposato, nel 1945, avrebbe interpretato anche La fuga, di Delmer Daves, e L’isola di corallo, di John Huston) lasciò un’impronta indelebile su quello che sarebbe stato il percorso di Bacall. In un’intervista del 1996 apparsa sul New York Times, l’attrice affermò che la sua fortuna professionale sarebbe stata diversa se non avesse sposato Bogart: «La mia vita non sarebbe stata migliore ma la mia carriera sì. Howard Hawks era come uno Svengali: mi stava plasmando a suo piacimento. Ero una sua creazione e, sotto il suo controllo, avrei avuto una grande carriera. Ma, con Bogei sulla scena, sapeva di non potermi controllare. Quindi vendette il mio contratto alla Warner Brothers. E tutto finì lì».

In realtà, se è vero che – nella Hollywood dello studio-system, Bacall non ha mai veramente sfondato con grandi ruoli da protagonista, la sua filmografia è non solo molto ricca ma testimonia quanto abbia lavorato con registi importanti – da Michael Curtiz (in Chimere e Le foglie d’oro) a William Wellman (Oceano rosso), da Douglas Sirk (Come le foglie al vento) a Vincente Minnelli (La tela del ragno e La donna del destino), da Negulesco (Come sposare un milionario, un film che le piaceva moltissimo) a Don Siegel (Il pistolero) e Sidney Lumet (Assassinio sull’Orient Express).

Non devono aver contribuito a renderla popolare nei ranghi dell’industria, la sua propensione per parlar chiaro (quando era con la Warner fu sospesa 12 volte per avere rifiutato degli script) e, congetturò lei nel corso degli anni, l’aver partecipato vistosamente alla protesta hollywoodiana contro il maccartismo. Non solo, nel 1947, con Bogart e circa 500 personalità hollywoodiane, Bacall firmò una lettera contro la Commissione per le attività antiamericane: insieme a Bogart, Danny Key, John Garfield, Gene Kelly, John Huston..l’attrice si recò a Washington per rendere ancora più pubblico il dissenso.

In anni più recenti, sfruttando proprio quello che ormai era diventato un po’ il suo «personaggio» – elegante, caustico, spesso addirittura duro- Robert Altman l’ha voluta per Health e Pret a porter, Danny Huston per Mr. North, e Lars von Trier per Dogville e Manderlay. Nel 1996, Barbra Streisand l’ha scritturata nel ruolo di sua madre (una vanitosissima, velenosa, signora di New York) in L’amore ha due facce, per cui Bacall ricevette una nomination all’Oscar come miglior non protagonista. In una delle sue ultime apparizioni tv, interpretando se stessa, l’attrice prendeva a borsate Christopher, il nipote di Toni Soprano in ridicola trasferta a Hollywood, che cercava di rapinarla.

Dopo la morte di Humphrey Bogart, avvenuta nel 1957, da Los Angeles, Lauren Bacall si era trasferita nuovamente a New York dove, tre anni dopo, aveva sposato Jason Robards. Era facile vederla per le strade intorno al suo appartamento, situato nel Dakota, lo stesso palazzo dove viveva John Lennon. Gambe lunghissime, tacchi alti, pantaloni di pelle aderenti, i capelli lunghi, il portamento elegante .. forever Slim.