«Per combattere la crisi climatica serve farlo con giustizia sociale. Per farlo con giustizia sociale bisogna unire la maggior parte della popolazione possibile, a partire dai lavoratori». Ieri mattina in piazza a Milano «da via Cairoli a piazza Duomo tenendo un lunghissimo nastro verde che ci ha aiutato a rispettare strettamente il distanziamento e dimostrando che anche nel bel mezzo della pandemia si può manifestare in sicurezza» c’era come sempre Andrea Torti, 27enne attivista del movimento per il clima. Per la prima volta Andrea c’era anche in una seconda veste: da luglio è un funzionario della Fiom di Milano dove segue in prima persona già parecchie aziende e fabbriche metalmeccaniche. Il primo esperimento di osmosi tra il movimento dei giovani e il sindacato, «il primo con Fridays for future perché in Fiom da Genova in poi in tanti sono arrivati dai movimenti», sottolinea la segretaria milanese Roberta Turi, «ed è figlio di un contatto con il movimento studentesco – io stessa provengo dal movimento pacifista – il tema dell’ambiente e della compatibilità ambientale, un tema che affrontiamo con tanta ricerca da anni, anche se non è semplice, servono competenze, come quelle di Andrea».
«Io rimango un attivista per il clima e vengo già da una esperienza sindacale come rappresentante degli studenti al Link – si schermisce Andrea – . Per me le due lotte vanno di pari passo: il fuoco che brucia i diritti dei lavoratori è lo stesso che brucia il pianeta e proviene dalla sete di potere di pochi».
Dall’Ilva alle raffinerie, dai centri di stoccaggio di CO2 al metanodotto in Sardegna, ambiente e sindacato però rischiano di entrare in conflitto. «Ed è una sconfitta per tutti che va evitata con il dialogo, il confronto e la conoscenza – risponde Andrea -. I costi della necessaria transizione climatica verso produzioni sostenibili non può ricadere sui lavoratori, questo il movimento lo ha ben chiaro e lo chiede dal principio. Il terreno comune tra movimento e sindacato c’è ed è una prateria da percorrere assieme».