Il campo al confine greco-macedone vicono al villaggio di Idomeni ha superato quota 14 mila persone. Tutti in attesa che il vertice europeo con la Turchia decida le loro sorti. Complice anche il freddo della notte, tra le tende si respira aria di tensione. «Sono qui da 12 giorni – dice Amira, 25 anni, di Aleppo mentre è in fila per riscaldare il latte del suo bimbo – cosa credono di decidere? E noi poi torniamo indietro? Dove dovremmo tornare? Io non ho più una casa. C’è solo una scelta: andare avanti, ho un bimbo di un anno e cinque mesi. Sono stata due volte in procinto di passare la frontiera macedone ed entrambe le volte per un timbro non ci sono riuscita. Adesso attendo che arrivino le informazioni esatte da Mitileni, l’isola greca da dove sono arrivata».
Ogni giorno arrivano in media dalle 300 alle 500 persone. «Siamo quasi al collasso», dice il responsabile della comunicazione dell’ Unhcr, Bacar Baloch. «Resistiamo, ma la concentrazione di tutte queste persone mette a dura prova non solo le organizzazioni umanitarie più piccole ma anche noi». Mohamed, un bambino siriano di 13 anni che fino a qualche tempo fa viveva a Damasco, sembra avere le idee molto chiare – «Voglio raggiungere mio zio a Francoforte in Germania. Sono loro che ci inviano i soldi qui all’ufficio con la scritta gialla». E’ di ieri pomeriggio, invece, la notizia che le persone del campo sentendosi in gabbia hanno manifestato sventolando bandiere tedesche ed inneggiando ad Angela Merkel. Già domenica Hassan, 53 anni, siriano di etnia curda di Kobane, aveva detto – «Solo la Germania ci può aiutare. Perché è così difficile essere un po’ più umani?». Intanto neanche il tempo dà tregua e le tende non sono adatte per far fronte alle temperature così basse. Se di giorno il sole, anche se opaco, riscalda, di notte i fuochi improvvisati non riescono a scaldare abbastanza. Costretti a fare i conti con la mancanza di legna, ognuno si arrangia bruciando anche vestiti o materiale di plastica. Dopo le segnalazioni delle ong domenica dalla vicina Polykastro è arrivato un camion pieno di legna. Subito è stato preso d’assalto da centinaia di persone. La polizia greca è dovuta intervenire per organizzare la distribuzione.
Sembra che la calma apparente delle prime settimane stia lasciando il posto alla tensione e alle aggressioni. Come la rissa di cui si sono resi protagonisti una dozzina di uomini fermati poi dalla polizia. Le tende nella zona finale del campo sono proprio a ridosso del filo spinato. I più piccoli si addentrano e giocano, le madri preoccupate li chiamano a squarciagola. All’alba camminare tra le tende è uno strazio, il raffreddore e la tosse sono la colonna sonora del risveglio. Il pianto dei più piccoli che vogliono mangiare raggiunge acuti che le madri cercano di placare. Purtroppo prima delle sei non è possibile riscaldare il latte. Le persone dormono in fila, attendendo il passaggio della frontiera, anche due notti di seguito. Le coperte grigie diventano beige dalla polvere e occhi disperati guardano con rabbia il filo spinato. Dall’altra parte del confine, quello macedone, comincia a farsi vedere qualche uniforme austriaca, oltre alle forze speciali slovene, serbe e della repubblica ceca. Quasi una guerra di equilibri forse in risposta al prossimo invio in terra d’Albania dei carabinieri a supporto della polizia albanese che con le sue unità speciali già è in presidio del confine con la Grecia. Trova conferma inoltre, nelle tv del paese delle aquile, la notizia che un gruppo di pachistani, circa una trentina, nella notte di sabato è stata respinta tentando di passare il confine greco albanese a Kakavije. Al campo di Idomeni, sempre domenica, è arrivata anche l’Associazione “Chair for free” composta da una ventina di ragazzi tedeschi di Dresda. Una volta sistemati hanno subito distribuito cibo, bevande calde e coperte. La responsabile della comunicazione di Medici Senza Frontiere, Vicky Markolefa ha dichiarato – «Fino a oggi abbiamo curato circa 700 casi di malattie quali, diarrea, qualche caso di asma, difficoltà respiratorie e bronco polmonite. L’ospedale di Polykastro è in allerta nel caso ci fossero casi più gravi. Tutto questo lo fanno con le loro risorse. Speriamo che il vertice europeo risolva al più presto la situazione ed eviti la catastrofe».
Purtroppo nonostante le misure prese per tenere il campo pulito, la situazione si sta aggravando. I cumuli di spazzatura diventano ogni giorno più difficili da rimuovere e ciò potrebbe portare alto il rischio di scoppio di epidemie.