Solo alcune ore dopo l’attentato a Borough Market a Londra, i francesi residenti in Gran Bretagna, come tutti quelli all’estero, hanno votato per il primo turno delle elezioni legislative, con una settimana di anticipo (per ragioni di organizzazione degli invii postali per il secondo turno) rispetto ai francesi della madrepatria. Senza sorprese, c’è stata una scarsa partecipazione e un voto a favore alle liste En Marche, il movimento nato un anno fa del presidente Emmanuel Macron. «Il processo elettorale in corso per i francesi all’estero si svolgerà in condizioni di sicurezza rafforzate», aveva subito rassicurato il primo ministro, Edouard Philippe. Già preventivamente soppresso il voto elettronico, a causa degli hackeraggi delle presidenziali che avevano colpito in particolare En Marche.

Ieri sera, il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, accompagnato dalla responsabile degli Affari europei, Marielle de Sarnez, si è recato a Londra per incontrare il suo omologo Boris Johnson e visitare i sette francesi rimasti feriti (4 gravi). Un giovane francese, cameriere al Boro Bistrot, è morto nell’attentato, aveva 27 anni e viveva a Londra da due anni. Un altro francese è disperso. Il presidente Emmanuel Macron, subito dopo l’attentato, ha parlato con la premier Theresa May e telefonato alle famiglie delle vittime francesi. «Di fronte alla nuova tragedia, la Francia è più che mai a fianco della Gran Bretagna», ha reagito nella notte di sabato Macron. La Brexit rischia però nel futuro di frenare la collaborazione. Per il momento, è un britannico, Julian King, il commissario alla sicurezza Ue, ma tra due anni dovrà lasciare.

Marine Le Pen ha subito politicizzato la tragedia inglese, a fini elettorali locali. «Quanti attentati prima di considerare il fondamentalismo islamico come un barbaro totalitarismo e sradicarlo nel nostro paese?» ha chiesto a Macron la leader del Fronte nazionale.

L’attentato di Londra ha riportato la Francia ai momenti terribili vissuti negli ultimi due anni e mezzo, dall’attentato del gennaio 2015 contro Charlie Hebdo, poi il Bataclan a novembre, Nizza il 14 luglio 2016 e altri episodi violenti, l’ultimo l’assassinio di un poliziotto sugli Champs Elysées durante la campagna delle presidenziali. Ci sarà un’influenza sul voto delle legislative, domenica prossima e il 18 giugno? Gli attentati sono un’incognita in più in un’elezione che si annuncia inedita. Il paragone che torna con maggiore insistenza è il 1958, con l’inizio della V Repubblica voluta dal generale De Gaulle. Allora il parlamento è ampiamente rinnovato. Succederà anche questa volta: c’è un partito, La République en Marche, nato appena un anno fa, che ha già portato il suo candidato all’Eliseo e che presenta in quasi tutte le 577 circoscrizioni dei volti nuovi. Inoltre, le legislative arrivano dopo il terremoto delle presidenziali, dove i partiti di governo tradizionali – neo-gollisti e socialisti – sono stati esclusi dal ballottaggio. I francesi si sono divisi in quattro blocchi più o meno equivalenti: la novità En Marche, i Républicains neo-gollisti, l’estrema destra del Fronte nazionale e la sinistra ribelle della France Insoumise. I candidati sono molto numerosi, 7.877, una media di 14 per circoscrizione, con punte che in certe circoscrizioni arrivano a più di 20. I sondaggi sono molto difficili: in termini di numero complessivo di voti, En Marche dovrebbe arrivare in testa. Per il Fronte nazionale, ma anche per France Insoumise, sarà molto più difficile tradurre il consenso in seggi, visto il meccanismo elettorale (due turni, per accedere al ballottaggio almeno il 12,5% degli iscritti, che, con la forte astensione attesa, significa ottenere sopra il 20% dei voti). Poi contano le eventuali alleanze e gli sbarramenti.