Respingere in mare i migranti è come fare la «guerra», è «violenza», è «uccidere».

Quando ieri mattina, ricevendo in udienza in Vaticano 1.500 giovani del Movimento eucaristico giovanile (legato ai gesuiti), papa Francesco, rispondendo a braccio alla domanda di un partecipante all’incontro, ha pronunciato queste parole, non parlava del Mediterraneo. Parlava dei Rohingja, una popolazione musulmana in fuga dal Myanmar e respinta da diversi Paesi del sud-est asiatico. Ma quel passaggio del discorso del papa può valere anche per le stragi di questi giorni nel Canale di Sicilia e per i 2mila morti che, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ci sono stati nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno ad oggi.

«Pensiamo a quei fratelli nostri dei Rohingja, sono stati cacciati via da un Paese, da un altro e da un altro, e vanno per mare», ha detto Bergoglio. «Quando arrivano in un porto o su una spiaggia, danno loro un po’ d’acqua, un po’ da mangiare e li cacciano via sul mare. Questo è un conflitto non risolto, e questa è guerra, questo si chiama violenza, si chiama uccidere».

Il contesto del discorso era quello delle tensioni e dei conflitti personali e sociali. Inevitabili, perché una società senza conflitti sarebbe «un cimitero», invece – ha detto il papa – «quando c’è vita, c’è tensione e c’è conflitto». Ma tensioni e conflitti vanno affrontati con il «dialogo» e «con il rispetto dell’identità di ciascuno», ha proseguito Francesco. «Se io ho un conflitto con te e ti uccido, è finito il conflitto, ma quella non è la strada. Se tante identità, siano culturali o religiose, vivono insieme in un Paese, ci potrebbero essere conflitti, ma con il rispetto dell’identità dell’altro e con il dialogo si risolvono».

Un atteggiamento che secondo il pontefice riguarda anche i credenti: i musulmani («in Medio Oriente stiamo vedendo che tanta gente non è rispettata, le minoranze religiose, i cristiani non sono rispettati, tante volte sono uccisi, perseguitati, perché non si rispetta la loro identità») e i cattolici, che nella storia più volte hanno detto «questo non è cattolico, non crede in Gesù Cristo. Rispettalo, cerca che cosa buona ha, cerca nella loro religione, nella loro cultura, i valori che ha. Così i conflitti si risolvono: con il rispetto dell’identità altrui».

Il fatto che il discorso di papa Francesco avesse anche una valenza mediterranea, europea ed italiana è dimostrato dalla reazione scomposta di Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, che sulla sua pagina Facebook si è affrettato a dire: «Respingere i clandestini un crimine? No, un dovere. Sbaglio?». E ad Affaritaliani.it ha precisato: «Con tutto il dovuto rispetto per papa Francesco, respingere i clandestini non è un crimine ma, anzi, un dovere di qualunque buon amministratore, cattolico o no».

Seguito a ruota da Tony Iwobi, responsabile del dipartimento sicurezza e immigrazione della Lega: «Mi chiedo se il Regno Unito, l’Australia, Malta, la Spagna e molti altri Paesi che respingono i clandestini siano, secondo il principio cattolico, nazioni razziste. Non credo proprio».

Uno scontro che va avanti da diversi giorni quello fra la Lega e papa Francesco, anzi fra Lega e Chiesa cattolica sul tema immigrazione. Anche se su altre questioni, per esempio la crociata contro le unioni omosessuali, la Chiesa diventa alleata dei leghisti, «cattolici» per opportunismo e a corrente alternata.

Papa Francesco incassa invece il sostegno delle altre religioni presenti in Italia, i valdesi – con il moderatore della Tavola valdese, Bernardini – e i musulmani, con Piccardo, dell’Unione delle comunità islamiche in Italia: «L’Europa si dice cristiana e riconosce unanimemente il valore della personalità del papa, eppure non si comporta di conseguenza».

E del Centro italiano rifugiati: «Il papa ha detto parole molto importanti definendo atto di guerra il respingimento di popoli in fuga dal proprio Paese e in cerca di rifugio altrove», ha detto il portavoce del Cir, Christopher Hein. «Il respingimento è già stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma vediamo che in Europa invece di accettare e accogliere si erigono muri».