Cardiologo, ex calciatore professionista quando il Pescara era in serie B, Damiano Coletta è il nuovo sindaco di Latina, la seconda città più popolosa del Lazio dopo Roma, famosa come una delle più nere – fu fondata Littoria dal duce – e anche delle più mafiose, in un passato quasi presente, dell’intera penisola.

Una città di mezzo, lambita dall’inchiesta Mafia capitale e più ancora, negli anni recenti, dominata dagli intrecci tra il potente clan stanziale dei Di Silvo, imparentato con i Casamonica, e le cosche calabresi e campane – i Casalesi in particolare – , che hanno ripetutamente tentato di infiltrare e conquistare i traffici leciti e illeciti dell’Agro Pontino, fino a lambire l’area sud di Roma, come ha scoperto l’inchiesta «Don’t touch» ora arrivata quasi al suo epilogo.

Damiano Coletta ieri, appena uscito trionfante dal ballottaggio con il candidato del centrodestra Nicola Calandrini, ha voluto soprattutto ringraziare, nome per nome, il prefetto, il questore, i comandanti dei carabinieri e della guardia di finanza. Il suo risultato «bulgaro» (75 % dei consensi al secondo turno )- ha sottolineato in conferenza stampa – è «storico», «rivoluzionario», nel senso che segnala una volontà di riscatto della comunità, «l’inizio di una bonifica di Latina, il suo uscire dalla buca, dal tunnel, in cui era finta tra malapolitica e mala-amministrazione».

Lui si definisce «solo l’ostetrico di questo bambino che è nato» e ci tiene a precisare che la sua lista denominata «Latina bene comune» non è di centrosinistra, anche se ha ottenuto l’endorsement al secondo turno dal candidato Pd Enrico Forte. Al neosindaco ha però fatto più piacere l’appoggio finale dello scrittore «fascio-comunista» Antonio Pennacchi.

«Siamo trasversali, che non vuol dire qualunquisti – spiega – ma radicati nella comunità senza avere legami con i partiti, così abbiamo battuto la rassegnazione dei cittadini che percepivano un’ineluttabilità dell’occupazione dello spazio pubblico da parte della macrocriminalità». Rapporti con i partiti non ne vorrebbe nemmeno ora che è alle prese con la formazione della sua giunta e può permetterselo visto che con oltre il 75 percento la sua maggioranza di venti consiglieri (uno in più, sottratto al Pd) è largamente autosufficiente. «Sceglierò gli assessori – promette il neosindaco – sulla base di un profilo di competenza, non abbiamo nessuna cambiale da pagare».

Il suo movimento dai colori giallo-verdi «Rinascita civile» è nato dalla triste fine della squadra locale, il Latina-calcio, e ha preso fiato con la grande manifestazione nazionale di Libera – oltre 100 mila giovani contro le mafie, per la lotta alle povertà e al degrado sociale – che si svolse in città il 21 marzo di tre anni fa. E anche se Coletta ora spiega al telefono che quella fu sì una manifestazione importante dal punto di vista dell’immaginario, ma senza enfatizzarne il significato, nei suoi discorsi e comizi di campagna elettorale hanno continuato a risuonare parole come «comunità», «legalità», «asili e servizi sociali», «pulizia dei comportamenti quotidiani oltre che intesa come decoro urbano», «diritto alla casa per chi lavora – sottinteso anche di immigrati e rom – paga i contributi e manda i figli a scuola».

A Latina il meetup cinquestelle non ha ottenuto il visto del direttorio, quindi non ha potuto presentare la lista con il simbolo. «Organizzativamente non siamo dissimili- dice Coletta- anche il nostro statuto ci vieta apparentamenti».