Indeco Srl è la società che dagli anni Novanta gestisce la discarica di Borgo Montello (Latina). Un impianto ceduto in parte alla Ecoambiente Srl con una procedura ancora da chiarire. Amministratore unico della Indeco Ernesto D’Aprano da circa cinque mesi si diceva deluso. Lui che «aveva superato sempre tutti i controlli senza problemi», che «non era mai stato coinvolto in alcuna indagine penale», che aveva alle spalle «una Holding che lavorava in tutta Italia», era preoccupato del futuro dei suoi trenta dipendenti se non fossero arrivate le ennesime autorizzazioni della Regione Lazio per la realizzazione dei nuovi invasi.

Vedi aggiornamento in calce sull’iter giudiziario.

Oggi D’Aprano è agli arresti domiciliari insieme ad Andrea Grossi (figlio del «re delle discariche» Giuseppe, deceduto nel 2011) e ad altri quattro indagati. L’accusa è di peculato per aver fatto sparire nei paradisi fiscali circa 34 milioni di euro. Soldi pagati con le bollette dei cittadini (circa 13 euro a tonnellata) che per legge i gestori degli impianti di smaltimento devono accantonare per la gestione «post mortem» della discarica stessa (almeno per 30 anni).

Invece gli amministratori e i dipendenti della Indeco e della sua proprietaria, la Green Holding SpA, li facevano transitare sui conti delle società dello stesso gruppo con destinazione estere.

La truffa è stata smascherata dall’operazione «Evergreen», condotta dalla Procura della Repubblica di Latina, attraverso il Procuratore aggiunto Nunzia D’Elia, il sostituto Luigia Spinelli e con l’ordinanza del GIP Giuseppe Cario. L’attività investigativa, che ha coinvolto anche Milano, Brescia, Bergamo, Padova e Rapallo, luoghi di residenza di una delle società coinvolte e degli arrestati, è stata svolta dalla squadra Mobile della Questura di Latina coordinata dal nuovo questore, Giuseppe De Matteis. L’origine dell’inchiesta si deve ad un esposto di un’associazione ambientalista che sollevava dubbi sulle operazioni di conferimento in discarica, salvo poi scoprire un reato molto più consistente.

I soldi venivano trasferiti dalla Indeco alla Green Holding sotto forma di finanziamento e senza alcuna garanzia, per finire nelle casse della Adami Sarl e della Double Green Sarl, società «lussemburghesi» che controllano il capitale sociale del gruppo «italiano». Società residenti allo stesso indirizzo di Avenue Charles de Gaulle n. 2 nella capitale del Granducato e in realtà «radiate» entrambe dal locale registro delle imprese il 2 gennaio di quest’anno. D’Aprano comunque le cose le aveva fatte bene. Aveva firmato contratti di fatto «monopolistici» con vari Comuni pontini, visto che quella di Montello è l’unica discarica esistente nella Provincia di Latina e che presso l’invaso Ecoambiente possono scaricare solo tre Comuni autorizzati dalla Regione Lazio. Si era anche premurato di indicare il posto preciso dove l’Indeco avrebbe realizzato l’impianto di Trattamento Meccanico Biologico dei rifiuti (TMB). In molti contratti sono riportate le particelle catastali dei terreni interessati.

Il caso vuole che quegli immobili siano stati acquistati dalla Green Holding, attraverso la latinense Indeco e la milanese Alice Acquedotti, tra il 2008 e il 2009, da un certo Antonio Schiavone; cioè dal cugino «incensurato» (così definito in un verbale d’interrogatorio) sia del pentito di camorra Carmine Schiavone, lo stesso che nei giorni scorso ha definito «Latina provincia di Casale», che dal capo dei Casalesi Francesco Schiavone (detto Sandokan). Insieme ad una casetta adiacente alla discarica, divenuta poi la residenza di Michele Coppola, a sua volta indicato dallo stesso Carmine Schiavone come referente del clan per la zona a nord della Provincia pontina e il sud della Provincia di Roma, quegli immobili erano stati acquistati dai Casalesi nel 1989; cioè quando la discarica era appena agli inizi della sua attività. Terreni classificati come agricoli e che senza l’autorizzazione della Regione Lazio tali resteranno.

Un analogo impianto Tmb dovrebbe sorgere presso la stessa discarica Ecoambiente Srl; società controllata, si fa per dire, dal Comune di Latina ma di fatto amministrata dall’apparato politico-affaristico Manlio Cerroni-Bruno Landi (ex presidente socialista della Regione Lazio). Una vicenda, quella dell’acquisto in zona di immobili da parte del clan camorristico in tempi remoti e non sospetti che non ha impensierito né i «padroni dell’immondizia», né gli amministratori locali, regionali e nazionali.

Neppure quando è stato ammazzato l’anziano parroco di Montello Don Cesare Boschin, nella notte tra 29 e 30 aprile del 1995, per aver denunciato il traffico illecito di rifiuti e di droga che interessava la discarica pontina. Non si contavano più le denunce presentate dai residenti e dalle associazioni ambientaliste.

Ora, anche se per «via contabile», iniziano ad emergere riscontri giudiziari.

Errata Corrige

Nel 2016 il procedimento nei confronti del sig. D’Aprano è stato archiviato dal gip di Latina e pertanto sono completamente decadute le accuse di truffa, falso ideologico e frode.