Gli sgomberi sono sempre una prova di forza, l’esercizio di un potere che manifesta la sua violenza spesso contro persone in difficoltà. Uno Stato forte coi deboli e debole coi forti. Soprattutto quando i deboli sono famiglie in grave disagio economico e i forti i fascisti di Casapound. Accade a Latina, nella città inaugurata da Mussolini, avamposto della destra più ottusa e nostalgica. Proprio in queste ore in consiglio comunale è stato proposto, dal consigliere di maggioranza di Fi Coluzzi, di dedicare una statua a Hitler.

Il 15 luglio in tenuta antisommossa polizia e carabinieri hanno sfrattato 12 famiglie che occupavano una palazzina di Via Respighi in un quartiere periferico della città (60 persone in tutto, compresi 12 bambini e qualche persona anziana). Nel contempo Enel e Acqualatina provvedevano a distaccare luce e acqua. L’immobile lo aveva costruito nel 1982 la società Alambra Costruzioni di San Giuseppe Vesuviano (Na), venduto nel 1984 alla Compagnia Europea di Previdenza Spa di Roma. Una società in liquidazione coatta da quasi 20 anni. Alcuni anni fa comparve la notizia che l’edificio era stato requisito e assegnato al Demanio perché riconducibile a investimenti fatti in zona da Raffaele Cutolo. L’occupazione delle 12 famiglie risale al 2012. Il Comune di Latina e la Provincia se avessero realmente voluto sarebbero potuti intervenire per risolvere il problema abitativo delle famiglie per tempo e con metodi democratici. Per esempio dando loro alcuni appartamenti di proprietà proprio del Comune e tutt’ora sfitti. Le famiglie sgomberate si sono accampate per vari giorni sotto la sede comunale in piazza del Popolo. Con tende, sedie e materassi hanno manifestato la loro indignazione, ma nessuno del Comune ha voluto riceverli.

Le cose vanno invece diversamente per Casapound che dal 2006 ha occupato a Latina un edificio di Viale 18 Dicembre nel centro della città. Una palazzina di 4 piani, ora piena di scritte inneggianti a slogan fascisti. Un edificio prestigioso che ancora oggi risulta di proprietà dell’Enel, il cui azionista di maggioranza relativa con il 31,24% è il ministero dell’Economia. La costruzione risultava momentaneamente non occupata ma non abbandonata, tanto che l’Enel vi aveva collocato alcuni uffici fino a pochi anni prima. Attualmente risulta tra le circa 3mila proprietà che l’ente ha messo in vendita lo scorso anno per recuperare liquidità.

Dal 29 dicembre 2006, data dell’occupazione di Casapound, dal punto di vista giudiziario non è successo nulla. Alla fine del 2009 lo sgombero ai neofascisti è stato evitato proprio grazie all’intervento dell’amministrazione comunale e della Provincia che si offrirono di comprare l’edificio con fondi pubblici (circa 600mila euro). Le amministrazioni stilarono anche un protocollo d’intesa. Fautori dell’operazione l’allora assessore ai Servizi sociali della Provincia Fabio Bianchi e l’attuale Sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi. Intanto, oltre ad alcuni servizi sociali la nuova casa del fascio ospita anche una birreria molto frequentata. E mentre Enel e Acqualatina alle famiglie di via Respighi hanno tolto luce e acqua senza problemi, queste sono invece garantite a Casapound.

A Latina insomma stare con il più forte paga sempre. Ci sarebbe da capire se in questo caso il più forte è il Comune o Casapound. Forse quest’ultima. Di sicuro i deboli fanno la fine di quelle 12 famiglie mandate a vivere in una sorta di ghetto attrezzato. La Provincia ha finanziato l’acquisto di 12 moduli abitativi prefabbricati per sistemarli in un’area di campagna. Una soluzione che ripropone il sistema ghetto, luoghi chiusi e lontani in cui segregare problemi e povera gente. Poco importa se il Comune dispone di appartamenti che potrebbe mettere a disposizione delle 12 famiglie per consentire loro di recuperare una dimensione civile di vita sociale. Non sono mica di Casapound loro. Sono solo poveri che cercano una casa a Latina.