A Lisbona, ore 21, l’Atalanta si gioca con il Psg l’accesso alle semifinali di Champions League, primo quarto di finale del formato short della Coppa con la conclusione in pochi giorni. Gomez contro Neymar, Zapata contro Mbappè, la provincia contro la capitale. Un clichet, forse manca solo Davide contro Golia ma si farebbe un torto alla banda Gasperini che conserva un cospicuo pacchetto di azioni per l’ingresso tra le prime quattro d’Europa, nonostante l’assenza di Ilicic. Nella sceneggiatura del finale di stagione che si è allungato sino ad agosto per volere del Covid-19 e agganciato all’avvio della nuova, tra poco più di 15 giorni, il ruolo principale spetta proprio ai bergamaschi, che andavano a mille all’ora prima della pausa forzata per il virus e così alla ripresa, prendendosi pure il lusso di rifiatare nelle ultime partite di campionato, in vista dei vari Neymar, Mbappè (in panchina) o Di Maria. E in un certo senso, nel pallone italiano che cerca nuovi percorsi, da Gattuso che con il Napoli va a Barcellona con il possesso palla e il gioco offensivo rispedito indietro solo da Messi e con la Juventus che si affida a Pirlo per un restyling di classe, la presenza in Champions di Gasperini è forse l’epitome del calcio italiano che prova a darsi un nuovo abito.

OFFENDERE e difendere allo stesso tempo, brani di calcio totale, lo spazio per gli esperimenti, Papu Gomez che ricama a tuttocampo, laterali con il turbo e fiuto in zona gol, la ricetta atalantina si scontra contro la presunta grandeur parigina, del duo Mbappè e Neymar, valore di mercato pre Covid-19 intorno ai 400 milioni di euro, gli eredi della gestione dello sceicco Al-Khelaifi che in circa dieci anni ha portato nella capitale Ibrahimovic, Cavani, Thiago Silva, Icardi. Milioni e milioni investiti, titoli e coppe nazionali a pioggia, sinora senza squilli in Champions. L’allenatore del Psg, il tedesco Tuchel, in più interviste si è mostrato sorpreso per l’evoluzione del gioco atalantino, evidenziando la solita puzza sotto al naso del calcio europeo verso le formule italiane, che in ogni caso hanno portato alla causa quattro titoli mondiali e 12 Coppe Campioni tra Juventus, Milan e Inter, senza considerare il Napoli di Maradona, la Roma di Falcao. Insomma, tra qualche ora tutti davanti allo schermo per l’Atalanta in semifinale, verosimilmente contro l’Atletico Madrid di Diego Simeone, ma tenendo d’occhio il Lipsia. E mentre Bergamo sogna, senza dimenticare l’Inter in semifinale di Europa League, la Serie A che da poco si è fermata è in piena rivoluzione. A partire dalla Juventus che poche ore dopo il tonfo in Champions con il Lione ha rispedito in Toscana Sarri e la magnifica utopia alla conquista del Palazzo per far spazio a Pirlo, scelto da Agnelli per la restaurazione (a costi contenuti) della Juve, nuovi schemi, nuovi simboli e saluti a Higuain, Matuidi, Khedira, forse Douglas Costa e Dybala.

UN’INCOGNITA, poco evidenziata forse dalla stampa che si interessa alle cose bianconere, con Il Maestro, mente superiore ma senza una sola presenza in panchina in carriera, subito piazzato nella scia di Guardiola e Zidane. Servirà tempo, come al Milan del confermato Stefano Pioli, che invoca la conferma di Ibra (39 anni a brevissimo) e acquisti per rimettere i rossoneri in zona Champions League e forse anche di più alla Roma di conio Friedkin, il magnate delle concessionarie del Texas che ha liberato i giallorossi dalla gestione Pallotta.