I principali dati di queste elezioni sono due: l’aumento dell’astensionismo e la flessione dei voti al Pd. I votanti si sono ridotti ad un elettore su due, il Pd con le sue liste ha perso due milioni di voti ed il 15% in meno rispetto alle europee. Ma l’astensionismo non si è manifestato in modo uniforme e la flessione del Pd presenta aspetti diversi nelle diverse regioni. Conviene, quindi, analizzare i due fenomeni separatamente per trarne considerazioni politiche utili anche per il futuro della sinistra nel nostro paese.

Astensionismo

La partecipazione al voto, del 63% alle precedenti regionali e del 59% alle europee, è scesa al 52%. Sull’aumento dell’astensionismo possono aver inciso un solo giorno di vitazioni e il ponte. Ma sicuramente ha pesato il discredito che delle istituzioni regionali a seguito degli scandali degli ultimi anni, circostanza che richiederebbe un ripensamento su decentramento e federalismo ben oltre la demagogica mossa della finta abolizione delle province. Ma c’è qualcosa in più: in Puglia e Campania, due regioni in cui si concentra quasi la metà dei voti, l’astensionismo non è aumentato. E’ invece aumentato molto nelle regioni rosse (dai 10 punti della Liguria ai 15 di Marche ed Umbria, ai 20 della Toscana). Se prima era più alto al sud e più basso al centro nord, e soprattutto nelle regioni rosse, adesso si attesta dappertutto intorno al 50%. E’ chiara la relazione tra aumento dell’astensionismo e flessione di voti al Pd.

Il voto al Pd

In termini di voti di lista il Pd è tornato ai livelli delle regionali del 2010 e delle politiche del 2013. Ma nella lettura del voto di lista regionale non si può trascurare che in queste elezioni si vota separatamente per presidente e liste di partito e che per raccogliere voti si creano liste personali o civiche che tolgono voti ai partiti. Si verifica così uno scarto tra voto di lista al Pd e voto al candidato presidente del Pd. Anche in questo caso torna utile la distinzione prima fatta tra regioni perché se in Puglia e Campania i voti al candidato presidente sono stati più del doppio di quelli al Pd, nelle altre regioni la differenza è minima. In sostanza in Puglia Campania sono state ottenute due vittorie con due personaggi prorompenti che hanno vinto per la loro forza e per le alleanze (in Puglia 8 liste, in Campania 9 liste) spesso discutibili che hanno messo in piedi. Qui, quindi, i voti perduti dal Pd non sono significativi perché se si dovesse votare per le politiche i voti presi dai presidenti rientrerebbero in buona parte nel Pd. Ma nelle altre regioni, dove voti al Pd e voti al Presidente sono vicini, questo ragionamento non vale ed i voti persi sono voti persi. Ed il fatto che essi siano concentrati nelle regioni rosse e nelle regioni in cui si è registrata la maggiore astensione fa pensare che il maggiore astensionismo sia in buona parte dovuto a delusione dell’elettorato di sinistra.

La sinistra e il voto

Se si esclude il caso Liguria, le sinistre sia dove si sono presentate separatamente sia dove si sono presentate insieme ed anche con i movimenti non escono affatto bene da queste elezioni. E’ inutile girarci intorno: pur in una fase come questa con alle spalle lotte, grandi manifestazioni, provvedimenti del governo che con la sinistra non hanno niente a che fare, le sinistre esistenti non riescono a frenare la fuga dei delusi dal Pd verso l’astensione, non riescono a richiamare al voto i vecchi astenuti, non riescono a far tornare ad un voto a sinistra i delusi che si erano spostati verso il M5S, non riescono ad attrarre giovani. Se così è, mi scuso per la crudezza, è bene decidere di metterci una pietra sopra e pensare un percorso radicalmente nuovo.
L’unico caso in cui la sinistra si afferma con una percentuale che può far sperare in un futuro è quello della Liguria dove si è realizzata una condizione nuova, l’unità tra coloro che hanno rotto col Pd e la sinistra che si era aggregata alle europee. Può, questa esperienza, costituire una base di partenza, un laboratorio? Molto dipenderà da come evolverà il confronto dentro il Pd, e questo, a sua volta, dipenderà dalla tempestività e dalla capacità, a sinistra, di qualificarsi come novità, attraente nella forma organizzativa, nella costruzione delle scelte politiche, della democrazia, delle forme di partecipazione. E’ la scommessa che si apre oggi per una nuova sinistra. I tempi sono strettissimi sia perché si sta consolidando un tripolarismo che lascia pochi spazi, sia perché potremmo essere chiamati ad un appuntamento elettorale prima del previsto. Quindi, dalla Liguria, non un modello, ma uno spunto, uno stimolo per provarci.