Appuntamento rinviato. Conte non si presenterà oggi, come previsto, di fronte al parlamento per riferire sul dl Ripartenze. Le opposizioni insorgono, accusano il premier di fuga dalle Camere. I tre partiti della destra manifesteranno insieme, il 2 giugno, senza bandiere di partito ma solo con il tricolore.

L’opposizione non crede alle giustificazioni, effettivamente risibili, del premier: «Impegni improrogabili». Conte vuole in effetti evitare l’imbarazzo di parlare di fronte alle Camere con il dl Rilancio ancora in sospeso, non ancora arrivato sulla scrivania di Mattarella. È possibile che il ritardo sia dovuto a qualche copertura ancora ballerina ma la dilatazione dei tempi è soprattutto un riflesso dell’elefantiasi della macchina statale italiana, più forte di qualsiasi emergenza. Ci sono centinaia di bollinature da eseguire una per una. I testi dei diversi uffici legislativi devono essere uniformati. Il problema principale non è politico e neppure economico. In un certo senso è peggio.

Ma ieri il governo e la maggioranza non guardavano tanto alle scaramucce politiche quanto ai risultati del primo giorno di collocamento dei Btp Italia anticovid, decisa per finanziare le misure emergenziali. È andata benissimo. La domanda ha superato i 4 miliardi, oltre un miliardo in più di quanto era stato raggiunto in tutte le giornate destinate alla clientela retail, cioè ai risparmiatori italiani, nell’ultimo collocamento, a ottobre 2019. La spinta sulla borsa è stata immediata, tanto che a sera lo spread, anche grazie all’accordo franco-tedesco sul Recovery, era sceso di 20 punti, fermandosi a 214.

I primi tre giorni sono riservati appunto al collocamento retail. Da giovedì entreranno in campo gli investitori istituzionali e il risultato dovrebbe essere positivo in virtù dei tassi vantaggiosi: minimo garantito dell’1,4% che potrà salire ma non scendere dopo l’asta. Il segnale di ieri era importante anche in quanto segnale della risposta di quel «risparmio privato» che Conte aveva citato nella conferenza stampa di sabato definendolo «uno dei punti di forza»: parole che avevano seminato il dubbio di un prossimo intervento sul risparmio, patrimoniale o prestito forzoso. In realtà il premier alludeva a operazioni come questa e la risposta degli italiani è stata confortante.

Ma certo non tale da risolvere i guai del Paese: se con operazioni come questa si arrivassero a sommare una ventina di miliardi sarebbe un risultato straordinario ma lontano anche solo dal coprire gli 80 miliardi di debito per i decreti emergenziali, che nessuno sogna che possano bastare. Ancor più che al collocamento dei Btp il governo guarda dunque alla marcia, decisamente lenta, del Recovery Fund. Conte ieri ha sentito Merkel e Macron prima dell’incontro tra i due, poi ha definito l’accordo «un buon punto di partenza». In realtà il finanziamento previsto, 500 miliardi, è meno della metà dei 1500 nei quali speravano Italia e Paesi del sud e metà della somma considerata il minimo indispensabile. Colpa dell’opposizione strenua dei Paesi frugali Olanda, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia) che vorrebbero fermarsi a 350 milioni e in ogni caso insistono perché la quota «a fondo perduto» non oltrepassi i 250, mentre il resto dovrebbe essere un ennesimo prestito.

Un Fund di queste dimensioni può aiutare l’Italia, sempre che sia erogato presto, ma limitatamente e soprattutto al netto di nuove ondate di pandemia. Un nuovo rallentamento, nei prossimi mesi o in autunno-inverno, ne vanificherebbe quasi gli effetti. Tanto più dunque si pone per il governo il problema di risolvere il nodo del Mes e della boccata d’ossigeno che il prestito, erogato a stretto giro, implicherebbe. Anche da quel punto di vista, però, il quadro è labirintico. Se qualche altro Paese chiederà il prestito, l’Italia farà lo stesso, nonostante l’opposizione di mezzo M5S. Ma se a chiederlo fosse solo l’Italia, probabilmente eviterebbe, a malincuore, di farlo. Per l’opposizione dei 5S certo, ma soprattutto perché le controindicazioni in termini di riflesso d’immagine negativo sui mercati potrebbero renderlo un rimedio peggiore del male.

errata corrige

In una prima versione dell’articolo era stata attribuita a Giorgia Meloni l’intenzione di uno sciopero della fame, cosa non rispondente al vero.