Mentre tutto il mondo guarda alla Siria, in Asia è tempo di grandi manovre diplomatiche: il 27 aprile al confine tra le due Coree ci sarà l’incontro tra il presidente sud coreano Moon Jae-in e il leader di Pyongyang Kim Jong-un e – stando alle ultime indiscrezioni – al centro del dialogo potrebbe esserci uno straordinario trattato di pace (i due paesi sono formalmente ancorati all’armistizio del 1953) che permetterebbe un riconoscimento reciproco.

Il sigillo su questa eventualità potrebbe essere data da due incontri successivi: uno da parte di Kim con il presidente cinese Xi Jinping, disposto ad andare a Pyongyang, l’altro tra Kim e Trump, da svolgersi a inizio giugno e preparato da un viaggio segreto ora diventato ufficiale del segretario di Stato Usa in pectore Mike Pompeo, recatosi in Corea del Nord duranti i giorni di pasqua.

Alla finestra il premier giapponese Shinzo Abe, in questi giorni negli Stati uniti per incontrare Trump. Una girandola di meeting e riunioni dalle quali potrebbero uscire finalmente le traiettorie di una soluzione della crisi coreana che – seppure in tono minore in questo 2018 – ha tenuto il mondo con il fiato sospeso durante la seconda metà del 2017.

L’evento che senza dubbio attira maggiore cuorisità è la visita di Pompeo in Corea del Nord. Come nel 1973, quando Kissinger allora in Pakistan, si diede malato e scappò a Pechino a preparare la storica apertura tra Cina e Stati uniti, così pare aver fatto Mike Pompeo direttore della Cia e segretario di stato in pectore di Washington, volato a Pyongyang per incontrare Kim Jong-un e apparecchiare lo storico incontro con il presidente americano Trump (il quale, forse preso da euforia, ha twittato dicendo che Pompeo sarebbe tornato da un incontro con Kim «la scorsa settimana»: prontamente è stato corretto dal suo staff).

Donald Trump ha diffuso ottimismo da tastiera: «Credo veramente che ci siano molte buone intenzioni – ha aggiunto – Vedremo quello che succede, come dico sempre. Perché alla fine è il risultato finale che conta». In preda all’entusiasmo «The Donald» ha dato anche la sua personale benedizione – non richiesta – all’eventuale trattato di pace, oggetto dell’incontro tra Seul e Pyongyang il prossimo 27 aprile.

A Mar-a-Lago, intanto, in questo bailamme di informazioni e frenesia diplomatica, Trump incontrava Shinzo Abe, uno dei falchi della situazione, da sempre per la linea dura contro la Corea del Nord. Stando ai primi report della visita del leader giapponese negli Usa – Abe deve anche gestire una serie di problemi interni non da poco a causa di scandali in cui è coinvolta tutta la sua famiglia – il premier giapponese si sarebbe infine accordato alla musica suonata a Washington, Seul e Pechino.

Poi c’è Kim. In attesa di incontrare praticamente tutti i leader asiatici, sarà di sicuro molto concentrato: in un paio di mesi si gioca praticamente tutto. La sua abilità a uscire da una situazione incresciosa – considerato da tutto quasi tutto il mondo come un mitomane capace di scatenare una guerra nucleare – ora va messa alla prova della complicata arte della diplomazia pratica, effettiva. Kim è stato un ottimo giocatore di scacchi durante questo anno, scegliendo di giocare le pedine al momento giusto, perfino quelle più rischiose.

Ha arroccato quando era il momento, andando in visita a Pechino, richiamato all’ordine dal fratello maggiore cinese, ma ora deve arrivare a ottenere qualcosa, in cambio – quanto meno – di una promessa di denuclearizzazione. Per aiutarlo, forse, nella gestione di questo complicato periodo diplomatico, ieri è arrivata un’altra novità: il presidente cinese Xi Jinping – alle prese con il confronto commerciale con gli Usa e con un documento di 27 membri della Ue, esclusa l’Ungheria, che critica fortemente il progetto di Pechino di Nuova via della Seta, accusandolo di favorire solo le aziende cinesi – si recherà a Pyongyang rispondendo all’invito di Kim.

Il viaggio, secondo la Cnn, avverrebbe dopo il meeting di Kim con Moon e prima di quello con Trump (in luogo e data ancora da ufficializzare). A quel punto Kim potrebbe essere pronto all’ultimo confronto con un leader, Donald Trump, dal quale pare essere molto distante e vicino contemporaneamente. Vada come vada, per l’Asia e non solo, prima dell’estate, si decideranno parecchi destini.