Sono sempre di più – 3.294 – i cittadini dell’Unione Europea trattenuti o respinti alla frontiera della Gran Bretagna negli ultimi tre mesi, sorte che, diciamolo subito, toccava da sempre a innumerevoli altri viaggiatori/migranti extraeuropei in arrivo nel paese. La maggioranza era sbarcata nei porti da traghetti, con Dover e Calais naturalmente in primo piano, ma anche nel terminal ferroviario dell’Eurostar da Parigi o Bruxelles sono stati negati molti ingressi. Di questi, 738 viaggiatori sono stati espulsi, nonostante l’attuale assetto normativo consenta loro di entrare senza visto a fini turistici. E ciò nonostante il tracollo complessivo in ingressi comprensibilmente causato dalla pandemia: il traffico aereo dall’Unione europea è sceso dal 94 al 97% da gennaio ad oggi. Nel periodo gennaio-aprile dell’anno scorso, quando era venti volte più intenso, i fermati erano meno di cinquecento. Si prevede dunque un’impennata nel numero dei fermati quando il flusso dei voli internazionali avrà ripreso quota.

Lo riportano cifre del ministero dell’interno pubblicate ieri a poco più di un mese dalla scadenza per presentare la domanda di settled status, il 30 giugno e a pochi giorni dalle notizie di cittadini europei trattenuti in centri di detenzione equivalente in tutto e per tutto a delle carceri. Questo trattamento di riguardo è, naturalmente, il lascito della fine della libertà di movimento tra il Regno Unito e il resto dei 27 paesi dell’Ue sancito da Brexit alla mezzanotte del 31 dicembre 2020. Dopo lo scalpore suscitato dagli scoop giornalistici sulle detenzioni di specchiati cittadini come se fossero turpi malfattori, il ministero dalla deportazione facile – gli Interni a guida di Priti Patel – è sceso a più miti consigli e ha concesso la possibilità di rilascio su cauzione fin quando non si renda disponibile un posto su un volo di ritorno.

Il dicastero Patel ha inoltre da qualche giorno dischiuso l’introduzione di una tassa d’ingresso per gli europei in visita, comparabile a quella statunitense, l’Esta. Denominata Eta, (Electronic travel authorisation) sarà introdotta dalla fine del 2024 e servirà a controllare digitalmente gli ingressi (circa 30 milioni l’anno), anche se non è stato ancora detto quanto costerà (l’Ue sta introducendo qualcosa di analogo dall’anno prossimo). Fino adesso le domande per il settled status in Uk da parte di residenti europei presenti e futuri sono state 5 milioni e 300mila, di cui oltre 900mila da parte di cittadini polacchi e romeni, 500mila da italiani e 300mila da spagnoli e portoghesi.

Il ministero Patel ha in serbo un rifacimento completo del sistema di controllo delle frontiere del paese, presentato lunedì, nel segno del realismo (ha finalmente abbandonato il ridicolo target conservatore di riduzione dell’immigrazione a «qualche decina di migliaia» di ingressi annui) e del sistema a punti preso in prestito dall’ex colonia australiana, uno dei paesi di emigrati bianchi più ostili del mondo all’immigrazione non bianca.