In Venezuela, esce dal carcere, in libertà condizionata, il generale Raul Isaias Baduel. A maggio del 2010 era stato condannato per «delitti contro il decoro militare, sottrazioni di fondi e abuso di autorità». Baduel, dopo esser stato uno dei più stretti collaboratori dello scomparso presidente Hugo Chavez, si era trasformato in uno dei suoi più accaniti oppositori. Come Chavez, aveva fatto parte del Movimento Bolivariano Rivoluzionario 200, da cui è sorto il Movimento Quinta Repubblica, che ha portato al governo socialista del 1999.

Nel 2002, un colpo di stato a guida Cia aveva estromesso per poco tempo Chavez dal governo, mettendo al suo posto Carmona Estanga, capo della locale Confindustria. Quando il popolo aveva riportato in sella il presidente legittimo, Baduel era stato incaricato di dirigere l’operazione Restituzione della dignità nazionale, il 14 aprile, con la quale Chavez aveva ripreso le sue funzioni. Tuttavia, nel 2007, Baduel aveva abbandonato l’incarico di ministro della Difesa. E si era convertito in un acerrimo avversario del suo vecchio sodale, diventando progressivamente una sorta di nume tutelare per l’opposizione oltranzista: per quegli stessi personaggi che avevano sostenuto il breve governo di Carmona Estanga, durante il quale erano state sospese tutte le garanzie istituzionali, e firmato un documento pubblico. Chavez aveva deciso di amnistiare tutti, ma questo non era bastato a disinnescare la vena golpista dell’opposizione venezuelana.

Dopo le violente proteste dell’anno scorso, scoppiate il 12 febbraio, a un anno di distanza è stato scoperto e sventato un altro tentativo di colpo di stato che prevedeva il coinvolgimento di diversi ufficiali dell’aviazione, dei soliti banchieri di Miami e di personaggi in vista dell’opposizione. Tra questi, secondo le intercettazioni prodotte dal governo, anche l’ex sindaco della Gran Caracas Antonio Ledezma, ora agli arresti domiciliari per motivi di salute e in attesa di processo. Agli arresti domiciliari si trova anche, dall’altroieri, il sindaco Daniel Ceballos, filmato mentre guidava le rivolte violente nello stato di frontiera del Tachira. Per quelle violenze, sono morte 43 persone e oltre 800 sono rimaste ferite.

Pur divisa e litigiosa, ora l’opposizione oltranzista sta mescolando nuovamente le carte, in vista delle elezioni parlamentari del 6 dicembre. Intanto, da Miami i finanziatori delle violenze continuano a inviare in rete appelli al colpo di stato alle forze armate. E cercano di esasperare la popolazione, costretta a code chilometriche per reperire i prodotti a basso costo che le grandi imprese private non immettono chiedendo al governo sempre più dollari a prezzo agevolato per investimenti fantasma. Maduro ha mostrato in televisione gruppi di agitatori professionisti, fra i quali – ha detto – sono stati riconosciuti funzionari Usa, che cercano di provocare saccheggi. La popolazione cosciente sta adottando le proprie contromisure, organizzando brigate di controllo dal basso che hanno consentito il sequestro di tonnellate di prodotti destinati al mercato nero. Intanto, è in corso nel paese una vasta operazione di prevenzione e repressione contro il dilagare della criminalità e la presenza di paramilitari: denominata Olp, Operazione per la liberazione e la protezione del popolo.

Ma l’ex operaio del metro che dirige il paese dopo la morte di Chavez, deve vedersela anche con il contesto internazionale e con il conflitto con la Guyana. Nelle acque contese dell’Esequibo, sulle quali il Venezuela ha chiesto un arbitrato internazionale in base agli accordi di Ginevra, vuole estrarre petrolio la multinazionale Exxon Mobil, l’unica che non ha accettato le compensazioni offerte da Chavez per le nazionalizzazioni. E ora, il nuovo governo guyanese del presidente David Granger, ha annunciato che, nella zona, verrà estratto anche oro. Il Venezuela, che custodisce le più grandi riserve di petrolio al mondo, è anche il paese dell’America latina con le maggiori riserve d’oro.