Il capo della polizia catalana, Manel Prat, si è dimesso. Prat, classe 1972, era diventato capo dei mossos de Esquadra con il primo governo del conservatore Artur Mas nel 2011. Il suo addio arriva proprio il giorno prima del voto del Parlament catalano a una mozione di sfiducia promossa contro di lui dal partito rosso-verde Iniciativa Catalunya-Verts, seppure spiegato con «ragioni strettamente personali», come ha detto nella conferenza stampa senza domande.

La stagione di Prat è stata costellata da polemiche sul comportamento della polizia autonomica. Il caso più clamoroso è stato quello di Ester Quintana, una donna che ha perso un occhio durante uno sciopero generale nel 2012 a causa, secondo l’accusa, dell’uso di pallottole di gomma dei mossos. Prat e il governo catalano continuano a negare, ma il giudice che sta investigando il caso parla di un’opzione molto probabile. Negli ultimi tre anni, Quintana è la settima persona ad aver perso un occhio a causa dei proiettili di gomma sparati dagli agenti catalani, denuncia l’italiano Nicola Tanno, anche lui fra le vittime, e fondatore dell’associazione Stop Bales de Goma.

Ma il caso Quintana non è l’unico. Denunce di gravi abusi della polizia nel commissariato della Città Vecchia di Barcellona si sono succedute, fino al racconto lo scorso anno di Bertran Cazorla, giornalista che ha documentato le violenze cui è stato sottoposto durante un arresto illegittimo. Pochi mesi prima, poliziotti dello stesso commissariato avevano picchiato a morte l’impresario Juan Andrés Benítez, intervenendo per sedare una rissa. Tutto documentato.

L’impronta di Prat era stata ben chiara fin dall’inizio del suo mandato con il violento sgombero a manganellate da Piazza Catalogna degli accampati del 15M nel 2011. Anche la creazione del Centro di Sicurezza dell’informazione Cesicat, che spiava attivisti della rete, è stato al centro delle polemiche in quest’ultimo anno.

Pare che gli unici «manifestanti» che i mossos non hanno manganellato negli ultimi anni siano stati quelli che la settimana scorsa avevano attaccato l’auto in cui viaggiava il ministro delle finanze spagnolo Montoro e per cui il Partito popolare ha attaccato duramente la polizia autonomica.

Nelle stesse ore in cui Prat annunciava di gettare la spugna, si scatenava l’ennesima guerriglia urbana nel quartiere di Sants per lo sgombero del centro sociale di Can Vies, occupato da 13 anni e parte integrante del panorama cittadino. Con un dispiegamento di decine e decine di agenti e attacchi indiscriminati a passanti e addirittura alla sede di un giornale, La Directa, (già condannato dal sindacato dei giornalisti catalani come «totalmente inaccettabile»), il quartiere è da due giorni messo a ferro e fuoco da polizia e da un piccolo gruppo di manifestanti violenti (che a loro volta hanno attaccato un camion della televisione catalana TV3). Molti abitanti hanno accolto dai balconi la polizia con una caçerolada per dimostrare la loro contrarietà ai metodi della polizia. «Prat l’abbiamo cacciato noi», racconta al Nicola Tanno: «Anni di battaglie di decine di collettivi e associazioni hanno portato a un risultato».

Tanno e Stop Bales de Goma hanno guidato una battaglia politica che ha portato il Parlament a vietare dal primo maggio di quest’anno l’uso delle pallottole di gomma. Tanno non crede che lo sgombero di Can Vies e le dimissioni siano legate. «Ma non è un caso che entrambe le cose siano accadute dopo le elezioni di domenica», dice. Nel 2010 Tanno perse un occhio durante i festeggiamenti per una vittoria calcistica. «Oggi i proiettili sono in viscolattice. Se non avessero ritirato i proiettili di caucciù, a Sants oggi ci sarebbero altre vittime senza un occhio». Il caso di Tanno è stato riaperto dopo l’archiviazione due mesi fa. Le indagini continuano, e anche se i mossos si sono rifiutati di identificare chi sparò, il giudice interrogherà sei agenti dopo l’estate.