L’ascia di guerra contro la chiamata diretta dei docenti da parte del «preside manager» è stata sotterrata. Uno delle cause che portarono i sindacati della scuola allo sciopero generale contro il governo Renzi nel 2015 sembra essere stata rimossa dall’accordo sulla mobilità dei docenti firmato dal Flc-Cgil, Cisl e Uil, Snals con la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. Dopo mesi di trattative, e in coerenza con un accordo già stilato con il Miur, è stato ratificato un riequilibrio dei poteri tra il dirigente scolastico e il consiglio dei docenti. Sulla carta risulta che il collegio dei docenti, convocato dal preside, delibererà sui requisiti del docente chiamato a insegnare. Il collegio potrà modificare la proposta e specificare l’ordine dei requisiti. In seguito il dirigente opererà la sua scelta. Al momento è difficile dire se l’arbitrarietà del «preside manager» sia stata cancellata. Per l’associazione nazionale presidi «la deliberazione collegiale ha carattere solo obbligatorio ma non vincolante».

Per i sindacati questa scelta è importante perché supera gli ostacoli della «Buona Scuola» e riporta la materia alla contrattazione. «È un significativo passo avanti -si legge in una nota congiunta – verso la riaffermazione del primato del contratto nella regolazione del rapporto di lavoro, in pratica una prima concreta attuazione di quanto prevede l’accordo di palazzo Vidoni sulla contrattazione nel settore pubblico». L’accordo dovrebbe evitare la confusione, e le ingiustizie, create dal governo Renzi sulla mobilità dei docenti e del personale Ata sballottati da Sud a Nord e permettere un avvio regolare del nuovo anno scolastico. Sarà possibile presentare le domande entro il prossimo 6 maggio.

In via preliminare è stato inoltre siglato l’accordo sulle modalità di individuazione per competenze dei docenti. La scelta del docente non avverrà più in base all’anzianità, ma in base alle «competenze», altro criterio neoliberale, e da management delle risorse umane, ormai incamerato dalla «Buona scuola» per definire le procedure di assegnazione del personale nella copertura dei posti vacanti.

L’emergenza supplenti non è finita. In un question time alla Camera ieri la ministra Fedeli ha parlato di 140 milioni per quest’anno e di 400 milioni l’anno prossimo per circa 20 mila posti comuni dell’organico di fatto e 5 mila posti di sostegno in deroga. Dal conto restano fuori 10 mila posti comuni «non aggregabili» perché composti da spezzoni di poche ore ciascuno. Fondi che non sono stati ancora confermati dal ministero dell’Economia. «Il Mef deve sciogliere al più presto la riserva sulle risorse – sostiene Francesco Sinopoli (Flc-Cgil) – Questa soluzione risolve solo una parte dei problemi di organico della scuola superiore. Molti docenti mancano nell’organico di diritto. Bisogna trovare una soluzione per i docenti della scuola dell’infanzia, il decreto delegato sul sistema integrato 0-6 non ha reso giustizia».