Oggi piange i morti, consola i feriti, si preoccupa dei dispersi, e promette aiuti economici ai concittadini colpiti dalla tempesta che ha messo in ginocchio il suo Land. Armin Laschet, governatore del Nordreno-Vestfalia, segretario della Cdu e candidato-cancelliere dei democristiani alle elezioni federali di settembre, è sempre in prima linea con gli stivali immersi nell’acqua dei fiumi straripati e non dimentica proprio nessuna delle vittime dell’«alluvione del secolo».

Eppure fino a ieri il delfino politico di Angela Merkel è stato il nemico numero uno della svolta ambientalista che minaccia soprattutto il business della potentissima lobby del carbone della Ruhr, il cuore industriale dello Stato che guida dal giugno 2017. Contrario alle «pretese» dei Verdi e del movimento Fridays For Future, negli ultimi anni Laschet si è distinto per i continui tentativi di smontare qualunque proposta di cambiamento della «way of life» nella Regione più popolosa della Repubblica federale.

L’ultima crociata risale ad appena due settimane fa, quando ha respinto al mittente il progetto di legge sul limite di velocità a 130 chilometri all’ora in autostrada perché «il futuro è l’auto elettrica e quindi, al contrario, si potrà guidare più velocemente». Poco importa se in Germania solo 309.000 veicoli su 48 milioni sono a emissioni zero, ancora meno se l’elettricità continuerà a essere generata ancora per molti anni da fonti non rinnovabili.
Del resto, qualche mese prima Laschet aveva bocciato il programma della Commissione Ue «Fit for 55» che fissava la data per eliminare i motori termici: «Gli automobilisti sono la vacca da mungere della Germania.

Pagano più imposte sui veicoli di quanto lo Stato spenda per le infrastrutture» è il suo ragionamento. Tre anni fa, invece, era salito alla ribalta della cronaca per avere respinto la tassa sulle vecchie centrali a carbone proposto dalla Spd, prima dell’endorsement a Rolf Martin Schmitz, presidente della società energetica Rwe, impegnato a radere al suolo la foresta di Hambach per ampliare la miniera a cielo aperto più inquinante d’Europa.

A maggio 2018, a causa della forte concorrenza elettorale dei Verdi, si era dovuto piegare all’inevitabile tassa sul CO2, ma non ha certo smesso di combattere contro i mulini a vento. La norma che porta il suo nome prevede che le pale eoliche non possano essere installate a una distanza inferiore al chilometro dalle abitazioni, trasformando, in buona sostanza, l’intero Nordreno-Vestfalia in un’enorme zona vietata. Non è un caso se nel suo Land i progetti basati sulle turbine eoliche sono crollati dell’80%. Ma a Laschet piace poco anche il sole che grazie a lui non ride mai.

In Nordreno-Vestfalia gli edifici pubblici dotati di pannelli solari rappresentano solo il 6%, grazie al sistematico disincentivo delle installazioni attuata dal suo governo. La conseguenza diretta sono 44.000 lavoratori licenziati nel settore del solare e 26.000 nell’eolico, nonostante il suo programma elettorale continui a promettere nuovi posti di lavoro.

La tassa sui voli a breve raggio? Meglio di no, per non «mettere in crisi i tanti tedeschi che fanno le vacanze a Maiorca». Mentre Laschet «è stato felice di chiudere un occhio sulle disastrose condizioni di lavoro del macello Tönnies diventato il primo hotspot del Coronavirus, e Tönnies lo ringrazia con generose donazioni. In più ha difeso con forza anche il terrificante sistema di allevamento dei maiali rinchiusi in gabbie minuscole» come registrano gli attivisti di Campact, l’associazione di Berlino che organizza le petizioni on-line