Da Matteo Salvini a Marine Le Pen, passando per Geert Wilders. La crème de la crème della destra più reazionaria del continente non ha aspettato neanche la fine del conteggio dei voti per complimentarsi pubblicamente con Santiago Abascal, leader di Vox, la formazione neofascista spagnola che passa in meno di un anno dall’essere una forza extraparlamentare a diventare il terzo partito.

Fino a dicembre dell’anno scorso, la Spagna poteva vantare un primato nella triste Europa di oggi: quello di essere l’unico grande paese europeo senza l’estrema destra in parlamento, né in quello nazionale, né in quelli locali. Ma proprio 11 mesi fa suonò il primo campanello d’allarme: Vox aveva ottenuto quasi l’11% dei voti nella comunità che storicamente era stata il feudo socialista: l’Andalusia. Per la prima volta, grazie all’appoggio esterno dei neri, il Pp aveva strappato la poltrona di Palazzo San Telmo a Siviglia, sede del governo regionale, ai socialisti, in un esecutivo bicolore con Ciudadanos. Lo sdoganamento da parte della destra dei fascisti era solo iniziato.

Un altro momento clou fu la manifestazione a febbraio contro Pedro Sánchez e l’indipendentismo catalano a pochi giorni dalla convocazione delle elezioni di aprile: i tre leader della destra, Casado, Rivera e Abascal assieme davanti a una piazza con decine di migliaia di persone, piena di bandiere spagnole e al grido di «per una Spagna unita, elezioni subito».

Nelle elezioni amministrative di maggio, Vox non solo è entrato in molti parlamenti regionali e in moltissime giunte comunali, ma è stato fondamentale perché la destra potesse guidare alcune comunità autonome chiave, come la stessa Andalusia o l’emblematica Comunità di Madrid, per non parlare della stesso comune di Madrid. Se a questo aggiungiamo il protagonismo vissuto durante i lunghi mesi del processo contro i leader indipendentisti catalani, dove a Vox, incredibilmente, è stato permesso di esercitare l’accusa popolare e l’irresponsabilità dei mezzi di comunicazione di massa che hanno dato voce e spazio alle posizioni più xenofobe, razziste, omofobe e misogine che siano mai state ascoltate in Spagna senza colpo ferire, arrivando persino ad accettare il discorso contro i bambini non accompagnati (che Vox usa come capro espiatorio di ogni male), bene si capisce come Vox abbia potuto assicurarsi il successo.

La ciliegina sulla torta è arrivata proprio la settimana scorsa: essendo diventato uno dei principali partiti politici spagnoli, per legge a Vox doveva essere concesso spazio nei dibattiti televisivi. Per dire una quantità di falsità e insensatezze che superava di gran lunga quelle degli sfidanti, ma a cui in molti casi gli altri leader politici hanno deciso di non rispondere, per timore di scendere sullo stesso piano. Ma ormai era troppo tardi: milioni di spagnoli hanno potuto ascoltare la solita tiritera sui migranti che ruberebbero risorse agli spagnoli, sui minori non accompagnati responsabili dell’insicurezza di alcuni quartieri, sull’indipendentismo catalano criminale contro il quale ci vorrebbero le maniere forti (ci si chiede se quelle usate sinora non lo siano state), sull’anticostituzionale proposta di abolire le regioni, la diminuzione dell’Irpef per tutti (ma soprattutto per i più ricchi), sulla immaginaria valanga di denunce false di donne maltrattate (in un paese dove sono già più di 50 quest’anno le donne assassinate dai loro compagni o ex compagni), e così via, con sparate sempre più grosse.

Eppure il 15% degli spagnoli, più di 3 milioni e mezzo di persone, oggi ci credono, più di quelli che credono nelle formule di Unidas Podemos e il doppio di quelli che credono nell’ormai consumato Albert Rivera. In 9 circoscrizioni Vox è il primo partito della destra. Anche in Catalogna ha ottenuto due seggi, di cui uno occupato da un dentista figlio di un africano dalla pelle inequivocabilmente nera e l’altro dall’avvocato della famiglia Franco.

E così al grido di «España unida, jamás será vencida» e «yo soy español español» un gongolante Abascal salutava i suoi fan domenica sera. Con 52 seggi non solo avranno un posto nel tavolo della presidenza del congresso: potranno anche fare ricorso al Tribunale Costituzionale per qualsiasi legge passata dal parlamento, se così desiderano. E promettono di fermare ogni legge «liberticida». Intanto predicano l’applicazione «energica» della legge per risolvere la crisi catalana, e la difesa della «famiglia di fronte al relativismo morale» o della libertà «contro la dittatura progre».