Arrivano a casa stremate dopo aver sistemato una media di 25 camere, a volte anche di più, in 8 ore di lavoro quotidiano in un albergo e poi, come le altre donne, sbrigano le faccende domestiche, come doppio lavoro non retribuito, la cura di casa, figli, mariti e anziani.

Molte riescono ad arrivare a fine giornata ingerendo analgesici e antinfiammatori per i dolori muscolari. Perché oltre a rassettare le stanze degli alberghi spostano carrelli con gli asciugamani, portano materassi, sistemano letti, puliscono le zone comuni, riforniscono i mini bar delle stanze. Dietro il lusso e il comfort, dietro le stelle degli alberghi, dietro il cartellino pulire la stanza appeso alla maniglia, ci sono le loro condizioni lavorative e la loro salute precaria fatta di lombalgie, sciatiche, contratture muscolari croniche, artrosi, dermatiti per l’uso di prodotti chimici. Ritmi estenuanti senza momenti di riposo nel corso della giornata e problemi di stress con conseguenze psicologiche. Cercano di sopportare con qualche pasticca per tornare a lavorare ogni giorno, gentili con i clienti, cercando anche di essere sorridenti, senza fermarsi mai. Senza il riconoscimento di una infermità professionale. Svolgendo un lavoro con scarsa possibilità di formazione e di crescita lavorativa.

Indispensabili negli alberghi, quasi tutte donne per una divisione sessista del lavoro, alcune tra loro immigrate, secondo i dati dell’indagine sulla popolazione attiva sono tra 65mila e 96mila in tutta la Spagna, isole comprese.

Si sono unite e si sono organizzate, hanno una pagina facebook Las Kellys, acronimo di Las que limpian: quelle che puliscono, che è il punto di incontro tra le cameriere di tutta la Spagna per denunciare, senza paura, le condizioni di sfruttamento e per darsi appoggio reciproco nelle vertenze contro le condizioni lavorative del settore. Oggi sono uno dei collettivi più importanti negli organici delle catene alberghiere spagnole. Si moltiplicano gli interventi nel loro blog e twittano da tutti gli hotel di Spagna per segnalare i soprusi. Praticamente invisibili alla maggior parte dei clienti, continuano a lavorare nella stessa maniera dagli anni ’50, «pulendo con il mocio di sempre».

Durante questi anni di crisi economica il loro lavoro è stato profondamente precarizzato, il carico di lavoro accresciuto e le condizioni di contratto peggiorate, sono aumentate le lavoratrici stagionali e quelle esternalizzate, con retribuzioni di appena 2,5 euro lordi per ogni stanza pulita. Schiavizzate. Contratti con condizioni di lavoro che non permettono di raggiungere i 38 anni e 6 mesi di contributi per poter andare in pensione, perché è un lavoro che usura i corpi.

Dolores, Angelina, Soledad, Lola, Pepi, Antonia, Esther sono tra le 26 cameriere di albergo che si raccontano in un libro pubblicato alla fine del 2015, Las que limpian los hoteles, edizioni Icaria, una storia di precarietà lavorativa all’interno di una campagna sindacale internazionale, promossa dalla Uita, federazione di oltre 380 organizzazioni sindacali in 125 paesi diversi.

Così anche il sindacalismo nazionale spagnolo, la Ugt e le Ccoo, si è attivato. E quest’anno in molte città della Spagna, in quelle località turistiche dove gli alberghi sono fastidiosamente invadenti, dalle isole Baleari alle Canarie, in Costa Brava e in Costa del Sol, in Extremadura e in Galicia, la giornata dell’8 marzo, la giornata delle donne lavoratrici, quella che viene chiamata la festa della donna, sarà dedicata proprio alla lotta delle cameriere di albergo. Una giornata di rivendicazione, con ramazze e guanti di gomma, per affermare che la realtà di queste lavoratrici disegna una mappa definita da invisibilità, povertà, discriminazione e quindi violenza.