La costruzione della reggia di Venaria, a nord di Torino, iniziò nel Seicento su iniziativa del duca Carlo Emanuele II di Savoia, che voleva una base per le battute di caccia. Resa caserma durante le guerre napoleoniche e tale rimasta per 150 anni, la reggia è stata poi restaurata con un grande intervento promosso dall’Unione Europea e a volte con una certa inventiva (la fontana di Ercole recentemente inaugurata è stata reimmaginata sulla base del poco rimasto). Nel 2022 il complesso celebra i 15 anni di riapertura con eventi dedicati al tema del gioco, tra cui la mostra di videogiochi Play – videogame arte e oltre (fino al 15 gennaio 2023), curata da Guido Curto direttore del Consorzio Residenze Reali Sabaude e da Fabio Viola, noto soprattutto come promotore della controversa pratica della gamification, cioè dell’uso di strumenti di manipolazione psicologica sviluppati dal game design in ambiti come l’educazione e il lavoro.

VENTI ANNI dopo la prima mostra italiana ed europea dedicata al videogioco, Play – Il mondo dei videogiochi curata da Jaime D’Alessandro al Palazzo delle Esposizioni di Roma, e dopo le tante iniziative di Neoludica di Luca Traini e Debora Ferrari, tra cui ricordiamo l’evento collaterale per la 54ª Biennale di Venezia Art is a Game 2011-1966, un’altra rassegna italiana viene dedicata all’indagine del videogioco come arte e al suo rapporto con culture, società e altre arti. Lungo le 12 sale/temi di Play – videogame arte e oltre i videogiochi incontrano la ceramica a figure nere del V secolo a.C., Giovanni Battista Piranesi, Gustave Doré, Giorgio de Chirico, Alberto Savini, Hokusai, Atanasio Soldati, Vasilij Kandinskij e Alexander Calder. Incontrano l’arte digitale di Bill Viola, la scultura in bronzo di AES+F e le fotografie di Robbie Cooper. Incontrano l’architettura (e diventano architettura, luoghi da abitare) e la politica, raccontano la vita e la morte.

BELLA sorpresa trovare in un evento piemontese tanto istituzionale RIOT: Civil Unrest di Leonard Menchiari, IV Productions e Merge Games, un simulatore di scontri tra polizia e manifestanti molto critico sulla repressione delle manifestazioni No Tav. Quello che rimane un po’ fuori dal racconto è però la dimensione materiale del videogioco, ed è forse significativo che la sala dedicata alla storia del medium e del suo hardware sia l’ultima. Le persone che hanno realizzato le opere in mostra, le macchine su cui queste opere girano, la storia dell’informatica in cui si inseriscono sono elementi che sembra possibile ignorare quando si racconta il videogioco come arte. Una sala è dedicata a cinque autori (tutti uomini), ma questo rischia di ridurre centinaia di artisti e sviluppatori a meri esecutori della visione di pochi geni. Con le conseguenze svelate a marzo da un’inchiesta di People Make Games: lo studio Mountains autore di Florence, presente in mostra, è stato distrutto proprio dal protagonismo del suo fondatore, la star del videogioco Ken Wong.