La scorsa settimana siamo stati spettatori di una parossistica campagna di propaganda mediatica denigratoria ai danni degli studenti del Liceo Virgilio di Roma, rei di aver occupato la scuola per una settimana.

I motivi dell’occupazione erano numerosi, non ultimo l’allarme provocato dal crollo di parte del tetto della scuola avvenuto solo qualche giorno prima. Si era rischiata una tragedia, che ha innescato un deprecabile palleggiamento di responsabilità fra le varie istituzioni.

L’occupazione è divenuta subito oggetto di vera e propria diffamazione da parte della stampa locale, aggravata dalla discesa in campo del Corriere della Sera che, forte di una intervista della sostituta della Preside, ha ospitato una serie di articoli ed editoriali contro il Liceo (studenti e genitori compresi).

Si è denunciata la presenza di bombe carta, di atteggiamenti mafiosi, di video hard, di violenze diffuse e di spaccio di droga.

Il quadro era impressionante, però sono bastati un paio di giorni perché tutto venisse smentito dalla Questura. La questione approda comunque nel salotto televisivo di Porta a Porta: le bombe carta vengono ridimensionate a petardi, le minacce mafiose sono sparite, si volatilizza anche il video hard; sul piatto rimane solo l’ultima carta da giocare, cioè la presenza della Droga, il Male assoluto che stravolge la mente dei partecipanti al confronto.

È stupefacente l’assoluta presunzione con cui gli intervenuti su giornali e tv affrontano l’argomento, ricca di luoghi comuni e di parole d’ordine figlie di quella campagna politico culturale globale conosciuta come la War on drugs.

Fra padri che confessano di aver «spaccato le gambe agli spacciatori» e chi invoca l’intervento duro della polizia con il supporto di unità cinofile, con conseguenti arresti di massa di studenti, si manifesta una realtà violenta e impotente del mondo degli adulti.

Particolarmente convinto dell’utilità delle legioni di cani antidroga è proprio colui che più di altri dovrebbe rivendicare il ruolo e l’autonomia della scuola nel percorso educativo degli adolescenti, il prof. Rusconi dell’Associazione Presidi Italiani.

Difficile è capire come sia possibile che dopo anni di interventi con unità cinofile (fino dentro le aule scolastiche), di campagne di prevenzione finalizzate solo a terrorizzare gli adolescenti, e la discesa in campo (anche al Liceo Virgilio) di discusse organizzazioni come Scientology, nessuno si domandi perché il consumo giovanile non accenna a diminuire (circa il 30% degli studenti fra 16 e 19 anni ha consumato cannabis).

In questa rubrica negli anni sono stati pubblicati numerosi contributi tra cui quelli di Leopoldo Grosso, Susanna Ronconi e Patrizia Meringolo che hanno messo in luce che questi interventi di pura repressione producono solo effetti controproducenti, non limitano il consumo o la disponibilità di sostanze stupefacenti fra i giovani (il 43% degli studenti afferma che è molto facile procurarsi cannabis) e scavano un solco di sfiducia tra studenti ed istituzioni.

Solco che rende vane le azioni educative di prevenzione e di riduzione dei rischi, e che abbandona i ragazzi al loro destino proprio quando avrebbero bisogno di un supporto educativo capace di ridefinire il senso di certi comportamenti e di un dialogo che possa irrobustire le proprie capacità di resilienza.

Le buone pratiche sono quasi impossibili nel clima stigmatizzante che permane, sorretto da una normativa vecchia ed irresponsabile che costringe alla clandestinità e criminalizza milioni di giovani se è vero che dal 1990 al 2016 più di un milione sono stati segnalati alle prefetture.

La disponibilità della rete degli operatori ITARDD per una campagna intelligente di informazione e prevenzione è un buon segno in controtendenza.