Consultazioni lampo, con un’eccezione. Entrata alle sei e trenta del pomeriggio allo studio alla Vetrata dal presidente della Repubblica, la delegazione del Pd ci è rimasta per 100 minuti, quando tutte le alte erano state trattenute al massimo una mezz’ora. Ieri infatti l’appena rieletto Giorgio Napolitano ha voluto solo farsi confermare dai partiti le posizioni già emerse nel primo giro di consultazioni (in occasione del fallito pre incarico a Bersani) e soprattutto nei colloqui con i leader politici che sabato mattina hanno pregato il presidente di restare al Quirinale.

Così è stato, ma in chiusura di giornata, con i democratici presentatisi senza più segretario – dimissionario – e con il vice Enrico Letta, il capo dello stato ha cominciato ad entrare nei dettagli del governo. Nel quale dovrebbe trovar posto proprio Letta, probabilmente nel ruolo di vicepresidente del Consiglio con Giuliano Amato a palazzo Chigi.

È questa infatti l’ipotesi più accreditata al termine di una giornata che ha visto anche salire le quotazioni di Matteo Renzi, preferito da buona parte dei democratici e proposto ufficialmente nel corso della direzione Pd da Umberto Ranieri, da sempre molto vicino al capo dello Stato. Ma a frenare la corsa del sindaco di Firenze avrebbero contribuito la freddezza di alcuni esponenti del Pdl, dove non tutti sono entusiasti del governo delle larghe intese come lo è Silvio Berlusconi: l’incarico a una personalità esterna come Amato sarebbe così risultato preferibile. Terza ipotesi che pure non è ancora del tutto tramontata quella di un incarico allo stesso Letta, per un governo pienamente politico guidato dal numero due del Pd una volta caduto Bersani.

Ma la soluzione più probabile è il ritorno per la terza volta a palazzo Chigi di Amato. Tanto che il professore – attualmente presidente della scuola superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Istituto dell’enciclopedia Treccani, oltre che consulente per l’Italia delle Deutsche Bank – ieri ha interrotto un prudente silenzio stampa, per sostenere, proprio a Pisa, che «di solo contenimento del debito si può morire». Amato non ha neanche evitato di rispondere a due precise domande. Gli è stato infatti chiesto, nel caso dovesse essere lui a formare il governo, se stesse pensando a una tassa patrimoniale o a un prelievo forzoso sui conti corrente. Ha risposto con due secchi no.

A Napolitano il Pdl e Scelta civica hanno velocemente confermato totale disponibilità a sostenere un governo «forte» e con una durata niente affatto breve. La Lega ha ribadito la contrarietà ad Amato, assicurando però che sui singoli provvedimenti potrà dare il suo consenso, così come vuol fare il Movimento 5 Stelle. Il Pd, uscito devastato dall’ultima settimana, ha garantito la sua piena volontà di concorrere a un governo che avrà sul tavolo l’agenda scritta dei 10 «saggi» e che, ha detto Letta, nascerà «sulla scia del discorso del presidente Napolitano alle camere». Oggi, in tarda mattinata, l’incarico.