Da Lanciano a Tortoreto la tappa è un lungo rettilineo sulla costa abruzzese, eccezion fatta per due riccioli che disegna sulla mappa, il primo all’altezza di Chieti, l’altro alla fine ad apparecchiare un circuito, tanto per castigare un po’ le gambe degli atleti.

È un Giro di levante, che aiuta ad illustrare la grande frattura fisica che divide l’Italia, quella tra l’est e l’ovest, e che fa da contraltare a quella socio-economica tra il nord e il sud.

Si parte attraversando i luoghi e le vicende della grande epopea della Resistenza abruzzese, l’insurrezione di Lanciano coi suoi martiri di ottobre, la battaglia di Ortona per sfondare la linea Gustav, gli sbandati fuggiti in montagna che formeranno l’eroica Brigata Maiella, e si fila dritti verso il traguardo lungo l’Adriatico.

I corridori hanno alle spalle il giorno di riposo, durante il quale Nibali e Fugslang hanno seppellito l’ascia di guerra, per ora incrociata soprattutto sui giornali; e durante il quale notizie non belle son continuate ad arrivare alla voce grandi montagne della settimana prossima: neve e colonnina sotto zero a Piancavallo, Stelvio, Colle dell’Agnello ed Izoard.

L’organizzazione ha alle spalle un lunedì di test su tutta la carovana per il covid, che ha fatto calare sul gruppo la mannaia. La Mitchelton ritira la squadra per il mini-focolaio scoppiato nello staff dopo la positività di Yates, seguita a ruota dall’intera Jumbo Visma per la positività dell’olandese Kruijswijck: il virus pare accanirsi nei confronti dei grandi favoriti.

Qualche polemica c’è, avrebbe fatto fagotto la squadra se il positivo fosse stato un rincalzo? Consuetudine vorrebbe che la corsa venisse onorata. Altro positivo Matthews. L’ambiente attorno alla corsa minimizza, ma se seguita questo stillicidio ci vorrà più coraggio del solito ad arrivare a Milano.

Ci vuole coraggio anche a chiamarsi Sagan e a non vincere da più di un anno. Siccome le fughe arrivano sempre, in questo Giro, il campione slovacco decide di provarci da lontano e porta via di forza un gruppetto ad inizio tappa.

Sembra arrivare l’ennesima fregatura quando, sulle rampe del circuito finale, i big della classifica rompono gli indugi, sotto la spinta degli attacchi di Bilbao e Pozzovivo. Una foratura fa fuori Fuglsang, che lascia a Tortoreto più di un minuti di ritardo.

Più avanti Sagan, più di carattere che di gambe, doma la rimonta del gruppo e trionfa a braccia alzate.

Taglia il traguardo, il tre volte campione del mondo, e dal mare di Tortoreto fa capolino, per festeggiarlo a modo, l’arcobaleno.