L’ultimo tentativo di depistaggio è durato meno di 24 ore. La testimonianza dell’ingegnere egiziano che avrebbe visto Giulio Regeni litigare violentemente con un uomo «più grosso di lui», il giorno prima della sua scomparsa, è stata smentita dagli inquirenti italiani, che hanno appreso l’esistenza del nuovo super testimone lunedì dai pm di Giza durante il vertice tra procure tenutosi al Cairo.

Tra le 17 e le 18 del 24 gennaio scorso, infatti, Regeni avrebbe effettuato numerosi accessi ai social network dalla propria abitazione. Fatto peraltro confermato anche da altri ricercatori che come Giulio rimasero in casa perché in città c’era una sorta di coprifuoco per l’anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir.

Comunque dopo il vertice di lunedì la procura di Giza non ha più la titolarietà delle indagini sul campo, che saranno coordinate, per decisione congiunta delle autorità italiane ed egiziane, dallo stesso procuratore generale, Ahmed Sadek. Anche se gli investigatori italiani sono ancora in attesa di ricevere i documenti richiesti da più di un mese e che mancano anche nel fascicolo visionato lunedì. L’occasione potrebbe essere l’incontro che si terrà a Roma «prima di Pasqua» tra i capi della polizia dei due Paesi con l’intento di trovare una linea di indagini comune. Fino ad allora gli uomini del Ros e dello Sco rimarranno al Cairo dove sono in trasferta da quasi 40 giorni.

Inoltre, durante il vertice di lunedì si è riaffermata la discrepanza tra i due esami autoptici: sebbene in misura minore, comunque anche l’autopsia effettuata al Cairo riconosce la presenza sul cadavere di Regeni di «fratture, abrasioni, ustioni e lividi in più parti del corpo», alcune delle quali «provocate da corpi solidi e in alcuni casi strumenti ruvidi».

Intanto, l’Arci denuncia che due persone appartenenti allo staff del Cairo Institute for Human Rights Studies hanno ricevuto un mandato a comparire davanti al giudice investigativo per rispondere dell’inchiesta fatta nel 2011 sul divieto legale di ricevere fondi dall’estero, «uno dei peggiori attacchi alla società civile indipendente». «Questo ultimo atto di intimidazione si aggiunge a una serie di atti repressivi delle ultime settimane, un vero e proprio giro di vite contro i difensori dei diritti umani».