«Thauma come meraviglia, stupore. Uno stupore che deriva anche dal turbamento. Questa è la sensazione che mi provoca da sempre Matera, quando vedo i tagli nella roccia e la gravina, quel profondo incavo che segna la città». Thauma si chiama l’Atlante del gesto che Virgilio Sieni porta a Matera, quell’Atlante partito nel 2015 dalla Fondazione Prada di Milano che in ogni tappa si sviluppa secondo nuove declinazioni.

IL COREOGRAFO FIORENTINO, sperimentatore della danza e del teatro, nella città dei Sassi per la prima volta indossa le vesti del curatore. Qui, per il progetto I-DEA diretto da Joseph Grima con Open Design School per Matera 2019, sviluppa il suo peculiare linguaggio attraverso un apparato performativo, associato a una mostra che si dipana nell’Hangar di Cava Paradiso.
Una mostra in evoluzione, che muta forma e si diffonde in altri luoghi della città, con l’azione di danzatori professionisti e persone comuni. Semplici abitanti di questi luoghi, coinvolti dallo stesso Sieni, come d’abitudine.
Sono cinque le tipologie di movimento che l’artista porta in mostra: Fuori dal corpo; Verso il corpo; Piegati/Accovacciati/Inginocchiati/Seduti; Sdraiati/stesi in terra fino a Salto/staccarsi da terra. Le esegue tutte, mentre si piega, si accuccia, si innalza verso il cielo.

DOPO I PRECEDENTI appuntamenti del programma che hanno visto la curatela di Mario Cresci e dello Studio Formafantasma, Sieni indaga il complesso ed eterogeneo patrimonio archivistico della Basilicata, per restituirlo secondo una configurazione inedita. A partire dal corpo. A partire dalle persone. «Le città devono riorganizzarsi per favorire la vicinanza e la collaborazione tra le persone. È questo principio che anima da sempre il mio lavoro», ci racconta. Un lavoro che prende avvio da un sistema di azioni performative, in cui la gente comune entra in dialogo materiale e immateriale con i danzatori professionisti, secondo un concetto di trasmissione del gesto. «La cosa bella di ogni gesto è che, anche se all’inizio ci sembra distante, possiamo avvicinarlo, frequentarlo e farlo proprio, affinché entri nel nostro vocabolario. L’uomo viene subito catturato dal movimento. Così le persone durante le mie performance riescono a ‘parlare’ di equilibrio, sguardo, attesa, ascolto. Ogni volta è un miracolo».

CONCEPIRE UNA MOSTRA è una novità assoluta per Sieni. Negli spazi dell’hangar Paradiso, intorno a un ampio spazio scenico dove si muovono i danzatori, in occasione delle diverse performance programmate fino al 7 ottobre, troviamo un doppio livello espositivo. Sul piano verticale, cinque grandi tavole presentano le differenti tipologie di movimento, attraverso una selezione di immagini provenienti dagli archivi pubblici e privati della Basilicata, allineate secondo un meccanismo di associazione libera. Per evocare i singoli gesti, collegati ad attività quotidiane o rituali.
Sul piano orizzontale, dieci pedane richiamano e ricostruiscono idealmente altrettante abitazioni private, esplorate da Sieni insieme alle persone che le abitano. Ogni pedana rappresenta una persona, il suo microcosmo, attraverso gli oggetti accumulati negli anni, scovati nelle cantine o nelle soffitte.

OGGETTI SEMPLICI si dispongono sul pavimento per disegnare un movimento scelto insieme all’abitante. Tutte le pedane, insieme, sviluppano una sequenza di gesti, una vera e propria coreografia. «I luoghi della città diventano luoghi di pratiche – aggiunge Sieni – Con le persone, mi piace scomporre e ricomporre le geografie, portare i cittadini a una diversa frequentazione dei luoghi, per segnare nuovi sentieri nella città».
Seguendo questo principio, fino al 28 settembre, Sieni riapre il Teatro a Borgo La Martella, progettato da Ludovico Quaroni negli anni Cinquanta. Un’Officina Tattile, così l’ha chiamata, tornerà ad animare il teatro, con performance, laboratori e dialoghi, dall’incontro tra il coreografo e gli abitanti del Borgo.