A pochi passi dal lussuoso quartiere di Ginza, nella Tokyo centrale, si staglia, non tanto per le sue dimensioni ma perché spicca nelle sue forme cubiche e fuori contesto con il resto degli edifici, il Nakagin Capsule Tower. Completato nel 1972 l’edificio è probabilmente l’esempio e la concretizzazione più famosa delle idee e della filosofia scaturite da quel gruppo di architetti giapponesi attivi dagli anni sessanta del secolo scorso e conosciuti come Metabolisti.

Nati sul solco creativo marcato dal grande architetto Kenzo Tange, che formalmente resta però esterno al gruppo, il movimento, composto fra gli altri da Kiyonori Kikutake, Kisho Kurokawa e Fumihiko Maki, si coagula per la World Design Conference tenutasi a Tokyo nel 1960 in occasione della quale scrissero il loro manifesto. Imponente per scopo e profondità teoretica il manifesto si compone di quattro saggi influenzati anche da teorie marxiste, dall’arte tradizionale giapponese e da una concezione dell’architettura e della pianificazione urbana concepite come organismo biologico in continua modificazione e crescita.

Al centro delle riflessioni e delle pratiche del movimento si trova la capsula, definita da Kisho Kurokawa nel 1969 come «architettura cyborg», in quanto si tratta di un elemento architettonico che si è emancipato dal concetto statico dell’abitare e del vivere per diventare un’espressione del movimento e della soggettività in movimento. Simile e paragonabile all’automobile, che proprio negli anni sessanta diventava strumento di emancipazione e di scoperta per molti giapponesi, ma anche alla più tradizionale casa del tè o al kago, la portantina con cui si spostavano i nobili ed i padroni durante l’epoca feudale.

Il momento espressivo più fecondo per il movimento si ebbe durante l’Esposizione Universale di Osaka nel 1970, evento epocale e simbolico per il Giappone come le Olimpiadi di Tokyo nel 1964, e molti dei padiglioni e delle strutture temporanee costruite per l’occasione furono relizzate proprio dai metabolisti e da Tange. Nel corso degli anni settanta il movimento spostò la propria attenzione verso il Medio Oriente in parte a causa della liquidità disponibile nella zona, in parte perché come per Brasilia, fondare da zero una città ed il suo progetto urbanistico ha sempre offerto un’attrattiva particolare per gli architetti.
Ad oggi non rimangono molti edifici come testimonianza di quest’avventura, il Metabolismo è stato prima di tutto un modo di intendere l’architettura e l’urbanistica a livello teorico, l’edificio più famoso resta il Nakagin Capsule Tower diventato il simbolo del gruppo e di un’era ormai conclusa.

In occasione del quarantacinquesimo anniversario della sua costruzione l’edificio rischia però di essere chiuso o addirittura demolito. Costituito di cubicoli prefabbricati, ognuno di essi è un appartamento, stava per essere abbattuto nel 2007, ma per pura casualità – la compagnia di demolizioni fallì – riuscì a sopravvivere. Ad oggi, dei 140 appartamenti che compongono l’opera solo 90 sono in uso e Nakagin, l’immobiliare che originariamente possedeva tutto il palazzo e che ora si occupa della sua manutenzione, sta ancora valutando la resistenza sismica dell’edificio.
Decisione difficile, l’opera è senza dubbio un patrimonio storico ed artistico della modernità giapponese, ma la terra con i suoi terremoti è indifferente e non guarda in faccia a nessuno, del resto la stessa concezione metabolista della città e dei suoi edifici come un organismo vivente portava in sé fin da principio anche la finitezza e la dissoluzione degli stessi.

matteo.boscarol@gmail.com