Si speculava intorno al passo fatto dall’insegnante Nail Zoabi di passare alla storia come il primo palestinese musulmano in Israele a candidarsi alle legislative per il partito di destra Likud, notoriamente antiarabo. Perché l’ha fatto? In fondo Benyamin Netanyahu gli ha offerto il 39esimo posto in lista, lì giù in fondo, con possibilità vicine allo zero di essere eletto il prossimo 23 marzo (il Likud è dato dai sondaggi a 29-30 seggi). Il mistero si è risolto ieri. Se Netanyahu sarà a capo anche del prossimo governo, a Zoabi andrà un ministero nuovo di zecca con un nome ancora da definire ma che si occuperà «del progresso delle comunità arabe» di Israele. Fuffa. Non ci vuole molto a immaginare che Zoabi, dovesse davvero diventare ministro, non avrà granché da fare. Nemmeno si accorgeranno di lui con un incarico tanto vago e probabilmente senza budget. Ciò nonostante si è prestato ben volentieri a svolgere il ruolo del «good Arab» per favorire i piani di Netanyahu volti a scardinare il consenso alla Lista unita araba, unica vera opposizione ideologica alle sue politiche.

[object Object]

Questa strategia nei confronti della minoranza araba che Netanyahu ha sempre considerato un «nemico interno», non è l’unica trovata elettorale del primo ministro, atteso tra qualche giorno in tribunale per rispondere alle accuse di corruzione, frode e abuso di potere. La presentazione, due giorni fa, delle liste elettorali da parte di 39 partiti (solo 13 sembrano avere le possibilità per entrare alla Knesset) ha premiato gli sforzi di mediazione di Netanyahu che è riuscito a far mettere insieme tre dei quattro litigiosi partiti dell’estrema destra, quella più radicale, che in Israele in modo soft definiscono «nazionalista». Assieme all’Unione nazionale di Bezalel Smotrich e al partitino omofobo Noam, ci sarà anche Otzma Yehudit erede della formazione razzista antiaraba Kach fondata dal rabbino Meir Kahane e fuorilegge da una ventina di anni. Solo per un soffio Netanyahu non è riuscito a convincere anche gli ultranazionalisti religiosi di Casa Ebraica a far parte del fronte della destra più estrema. Questo gruppo elettorale potrebbe ottenere 5-6 deputati e risultare fondamentale per la formazione di una nuova coalizione di destra costruita intorno al Likud.

Netanyahu, che non ha nulla da temere dal debole e diviso centrosinistra, prova come può a ostacolare i piani dei suoi rivali a destra – Naftali Bennett, leader di Yamina (Destra), e il suo ex compagno di partito Gideon Saar, a capo di Tikva Hadasha (Nuova Speranza) – che pur di rimuoverlo dal potere, dopo il voto potrebbero allearsi con il centrista Yair Lapid, leader di Yesh Atid (C’è un futuro) destinato secondo i sondaggi a piazzarsi dietro al Likud. L’ ingresso alla Knesset di Otzma Yehudit non è però un fatto secondario. Il suo leader, l’avvocato Itamar Ben Gvir, è noto per la sua profonda ostilità ai palestinesi nella zona H2 di Hebron dove è stato uno dei principali rappresentanti della linea del pugno di ferro portata avanti da 700 coloni israeliani insediati tra oltre ventimila palestinesi. A ciò si aggiunge il fatto che Ben Gvir e i suoi compagni di partito fanno poco o nulla per nascondere i legami con il disciolto Kach che dello scontro frontale e violento con i palestinesi nei Territori occupati e in Israele aveva fatto la sua bandiera.

Di fronte a ciò, fa notizia la decisione dell’islamista Mansour Abbas di portare fuori dalla Lista unita araba il suo partito, Raam. Si indebolisce ulteriormente il fronte arabo già dato in calo di 5 seggi rispetto ai 15 conquistati un anno fa.