«All’esito del citato excursus giudiziale, è definitivamente venuto meno la giustificazione del pagamento dell’importo, il quale viene trattenuto indebitamente, ragion per cui se ne richiede, in questa sede, la restituzione». E’ la motivazione addotta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nel trascinare in tribunale i familiari di alcune delle vittime del sisma del 6 aprile 2009 a L’Aquila. Lo Stato vuole indietro i soldi dei risarcimenti liquidati ai parenti dei morti, quattro anni fa, a seguito di una disposizione del giudice Marco Billi, e si è attivata a livello giudiziario per riavere il denaro. In questi giorni sono stati notificati i primi atti di citazione in giudizio.

«E’ scandaloso – dicono le famiglie coinvolte – il trattamento che ci viene riservato: siamo scossi e allo stesso tempo indignati. Al dolore e ai lutti, ora si aggiungono il danno e la beffa. Ma ci difenderemo fino alla fine, in ogni sede e con ogni mezzo». Le somme sono state elargite dopo il processo di primo grado alla commissione Grandi Rischi, nel quale la Presidenza del Consiglio dei ministri era individuata come responsabile civile. I membri della commissione, con sentenza del 22 ottobre 2012, sono stati condannati dal Tribunale dell’Aquila a 6 anni di carcere ciascuno per omicidio e lesioni colpose. Imputati, tutti, per aver rassicurato la popolazione, dopo la riunione del 31 marzo 2009 a L’Aquila, a pochi giorni dal dramma, evidenziando che non c’erano pericoli, e per aver sottovalutato il rischio sismico. Con il verdetto di colpevolezza sono scattati anche i risarcimenti: sono state liquidate provvisionali di circa 100-200 mila euro a ciascuna delle parti civili costituite. Però il 10 novembre 2014, in appello, 6 dei 7 scienziati della Grandi Rischi sono stati assolti. Solo De Bernardinis, che aveva sostituito Guido Bertolaso nel summit incriminato, ha avuto due anni di carcere. Sentenza, quest’ultima confermata anche dalla Cassazione il 20 novembre 2015.

Dopo la sentenza di appello, lo Stato ha cominciato a battere cassa: si è mobilitato, tramite la Protezione civile, per riavere i soldi precedentemente sborsati. Non riuscendovi con raccomandate e intimazioni è passato alle vie giudiziali. Fatto che sta suscitando polemiche e indignazione.

Sulla questione il deputato abruzzese Gianni Melilla, Mdp, ha presentato un’interrogazione al presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni. «Il Governo – scrive Melilla – ha chiesto ai familiari delle vittime del terremoto de L’Aquila la restituzione dei pagamenti effettuati a seguito della sentenza numero 380 del 2012 depositata il 18 gennaio 2013 nel procedimento penale contro la commissione Grandi Rischi… La Presidenza del Consiglio dei Ministri è andata ad aggredire le parti civili intimando la restituzione dei soldi elargiti. Ma la sentenza di appello non ha revocato le provvisionali». E neppure quella di Cassazione. «Sulle responsabilità della commissione Grandi Rischi ci sono inoltre cause civili in corso».

Melilla chiede al primo ministro di «sospendere ai familiari delle vittime le richieste di restituzione delle somme versate… oltre gli interessi calcolati dal dì del percepimento…, in attesa della definizione del contenzioso civile, per evidenti ragioni istituzionali, di ragionevolezza e anche di umanità nei confronti di persone duramente colpite dalla morte dei loro cari».