«Io ho perso tre zii per i crolli del terremoto del 6 aprile 2009… Nel giorno in cui dovremmo commemorare i morti, siamo invece costretti a invitare i cittadini a fare casino, per difendere la nostra sopravvivenza». Il vice presidente della Regione Abruzzo, Giovanni Lolli, insieme al sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, guida la “rivolta” contro l’Ue che «potrebbe far fallire – dice – un’intera comunità». Perché, su pressioni dell’Ue, il governo italiano, dopo aver dormicchiato a lungo, ha deciso di recuperare, accelerando, le tasse sospese a L’Aquila a seguito del sisma di nove anni fa. In questi giorni, a 327 aziende, sono state recapitate cartelle esattoriali «con importi assurdi, che vanno da 100mila euro in su, fino a 4-5 milioni. E che debbono essere effettuati entro 30 giorni, e in una sola rata», spiega Lolli.

Complessivamente le imprese del cratere, in breve, dovrebbero far confluire nelle casse dello Stato 70-75 milioni. «Vuol dire mettere una pietra tombale su un territorio già martoriato». Una vicenda che si trascina da anni, irrisolta, rimbalzata da un governo all’altro.

IL PAGAMENTO «di tasse, contributi e balzelli locali» viene bloccato, temporaneamente, dopo il terremoto che fa 309 morti, 1.600 feriti e circa 80mila sfollati. Seguono proroghe. Poi la contestazione: il 16 giugno 2010 in 20mila occupano l’autostrada. Il 7 luglio 2010, al tempo di Berlusconi, in 5mila «marciano» nella capitale. Ci sono scontri con la polizia e feriti. L’obiettivo è quello di raggiungere il Parlamento per chiedere la sospensione delle tasse. A quel punto il sottosegretario Gianni Letta, d’intesa con il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, annuncia un emendamento, inserito nella legge finanziaria, con cui si prolunga il periodo di restituzione dei contributi non versati. Tutto poi slitta alla Legge di stabilità del 2011. Così le imprese usufruiscono delle agevolazioni. «Seguendo una prassi consolidata – spiega Lolli -, già adottata per altre calamità, come il terremoto di San Giuliano in Molise, i sismi di Marche e Umbria, le alluvioni del ’94 in Sicilia e nelle province di Cuneo, Torino, Asti ed Alessandria…».

Ma, in maniera quasi casuale, la faccenda si complica. Infatti nell’ambito di un ricorso collegato ai contributi per l’alluvione del ’94 in Piemonte, ad un giudice del lavoro di Cuneo viene il dubbio che quelle elargizioni siano illegittime. Chiede lumi alla Commissione europea e questa, dopo essersi confrontata con la Corte di Giustizia europea, conferma che si tratta di «aiuti di Stato», e il 14 agosto 2015 sollecita l’Italia a sospendere tali forme di assistenza, illegali. Viene aperta una procedura d’infrazione per una decina di cataclismi che si sono abbattuti sul Belpaese e che hanno beneficiato di «agevolazioni fiscali e contributive connesse», ma nel pasticcio ci finisce solo L’Aquila. Negli altri casi, infatti, sono passati più di dieci anni e non si può procedere al recupero delle somme.

L’UE SANCISCE che la «sospensione di tributi e contributi fino al dicembre 2011 e ripresa dal gennaio 2012 con il pagamento del 40% del dovuto in 120 rate», è «aiuto di Stato non notificato» e soprattutto che l’importo delle compensazioni non è stato limitato ai danni effettivamente subiti dal beneficiario: «I regimi in questione non stabiliscono alcun nesso tra l’aiuto e i danni effettivamente subiti». «Da Monti in poi – racconta Lolli –, i vari Governi non hanno cercato di mediare con l’Europa. Già la ministra Fornero con una circolare intimò il recupero di tutti i contributi Inps, ma ci siamo opposti drasticamente, e il provvedimento fu ritirato». Adesso il governo ha incaricato un commissario straordinario, Margherita Calabrò, direttore dell’Agenzia delle entrate in Abruzzo, di avviare l’iter per riavere gli sgravi concessi. E qualche giorno fa «alle imprese sono stati notificati pagamenti impossibili – riprende Lolli -. È terrorismo, qui i macrovalori economici (Pil, esportazioni, occupazione…) dopo il sisma sono crollati. Qualcuno ha sbagliato le procedure? Non si può pretendere che a pagarne le conseguenze siano le aziende che hanno solo applicato leggi pubblicate in Gazzetta Ufficiale – fa presente -, anche se l’Ue scrive che “un’impresa diligente deve normalmente accertarsi che un aiuto sia stato notificato”».

Richieste di pagamento sono giunte anche a partecipate del Comune dell’Aquila (Azienda farmaceutica, Ama, Asm Spa, Gran Sasso Acqua, Sed) e della Regione (Tua, azienda di trasporto pubblico, e Abruzzo Engineering). Un ricorso al Tar è stato presentato, altri saranno inoltrati domani: la richiesta è di sospendere il provvedimento di nomina del commissario «per guadagnare tempo» e bloccare i pagamenti. Al governo, invece, chiederanno «un decreto legge che interpreti la misura di recupero imposta dall’Ue, portando il de minimis da 200 a 500mila euro e in franchigia». Intanto si preparano alla mobilitazione il 16 aprile, poi chissà, forse ci sarà una nuova marcia su Roma.