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Alessandro è un giovane videomaker, autore e fotografo specializzato in lavori di post produzione e grafica che si muove nel campo dello sviluppo di App.

Raccontaci che lavoro fai e che tipo di videomaker sei?

Sono un documentarista che lavora in proprio con partita iva, attualmente sto lavorando a una produzione documentaristica autoriale ideata per un concorso internazionale che mi occupa moltissimo tempo. Il «tempo» è il nemico di ogni videomaker e di chi opera all’interno dell’industria culturale, pertanto spesso l’accavallemento di eventi genera dei ritardi nel timing di produzione. Il lavoro del video maker presuppone una capacità di adattamento molto spiccata insieme a una particolare dote di multifunzionalità.

Come funziona il settore del documentario?

Il documentario in Italia è un mondo molto complicato; per chi si occupa di realizzare qualsiasi tipo di documentario ci sono pochi canali disponibili, pochi «slot», sia sulla televisione nazionale che nelle reti private che rendono molto difficile l’accesso al settore. Pertanto attualmente l’unico modo per potersi introdurre in questo mercato è attraverso le co-produzioni internazionali. Si chiamano «commission editors» e sono i finanziatori dei canali più importanti sia in Europa che nel mondo. Durante i festival internazionali, le produzioni si presentano a loro e propongono dei prodotti da realizzare. Se il progetto viene valutato positivamente dai «commission editors», viene comprato e finanziato con produttori di altri paesi e poi realizzato in un lavoro di partnership internazionale. Ogni documentario è come un mosaico, molti sono i tasselli e i tempi sono abbastanza dilatati rispetto alle produzioni televisive e cinematografiche, perciò per la completa realizzazione occorre molta pazienza e diverse capacità tecniche e relazionali.

Quindi diventa imprescendibile ai fini di ottimizzare le proprie risorse la capacità della multifunzionalità del lavoratore, che ne pensi?

Se un giovane vuole inserirsi in questo circuito deve tenere bene a mente che in Italia l’accesso non è facile, sopratutto nel settore documentaristico-cinematografico e del documentario autoriale. Se vuoi fare il professionista video, il documentarista ad esempio, se ti vuoi inserire in questo circuito, devi avere una specializzazione ben definita, pertanto è facilitato chi proviene dalla classica gavetta delle principali scuole cinematografiche o dei master blasonati. Per alcuni prodotti video ho dovuto scrivere il soggetto, eseguire le riprese e le fotografie, fare i sopralluoghi e elaborare il montaggio.

Quanto incide la pressione fiscale sul tuo lavoro?

Moltissimo! Io lavoro con la partita iva. Attualmente chi inizia questo mestiere può adottare la partita iva con i regimi dei minimi, che consente di avere delle agevolazioni fiscali sugli importi reddituali. Ma ciò spesso non basta. Il lavoro del videomaker non è il classico lavoro da impiegato, capita che per alcuni mesi non si lavora. Pertanto la pressione fiscale non ti consente di poter lavorare bene, perchè non sei tutelato in Italia e devi conoscere anche le principali nozioni degli aspetti fiscali.

Esistono App per il settore dei documentari?

Ne esistono moltissime. Ad esempio esiste una app, Cinemeter, che consente di trasformare lo smartphone in un esposimetro, che ha generalmente dei costi molto alti. Alcune di queste app sono a pagamento e svolgono diverse funzioni, ad esempio per una fotografia dall’interno verso l’esterno esiste una app che ti informa sugli spostamenti della rotazione del sole. Ecco perchè con l’aumentare delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, aumentano le competenza tecniche degli operatori, che acquisiscono nozioni integrative come quelle fotografiche, di montaggio, scenografiche e altro. Un’altra app ti crea la scena in 3D, focalizzando campo e controcampo, crea delle foto in sequenza fino a uno storyboard. Un’altra app si chiama «Cam Ranger» in linea con iPhone offre la possibilità di ricreare una linea wi-fi che consente allo smartphone di guidare la macchina da presa.

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Quale consiglio daresti al legislatore per agevolare il tuo lavoro?

Per agevolare e tutelare tutto il comparto dell’industria culturale, dovrebbero forme di integrazione del reddito anche per i lavoratori come me. Spesso però in Italia chi dispone di una partita iva, anche con i regimi dei minimi, non gode di nessun diritto per il sostegno al reddito. Questo genera una discrepanza tra i lavoratori impiegati e i liberi professionisti che vengono ulteriormente penalizzati e abbandonati. Invece in Francia esistono dei sussidi per gli artisti, i musicisti e per gli operatori dello spettacolo in generale in grado di essere un reale sostegno per i lavoratori.

Sarebbe molto giusto creare un fondo di garanzia per i liberi professionisti non iscritti a nessun ordine specifico, in grado di ammortizzare le mancate entrate o i crediti della Pubblica amministrazione.