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Una ceramica di Liu Jianhua

A Yi, classe 1976 ed ex poliziotto, è un autore cinese che da tempo attendeva di essere tradotto in Italia. A Yi ha una scrittura serrata, capace di condensare nel ritmo spedito dei suoi romanzi, o racconti, l’evoluzione dei personaggi. A Yi parte e arriva veloce a destinanzione, non perde tempo in divagazioni. E proprio questo stile contrassegna la sua odierna produzione, finendo per rappresentare una scrittura «universale», in grado di sganciarsi dai temi tipicamente cinesi – che pure sono presenti, ma non soverchiano la storia e i suoi protagonisti – e affiorare nella letteratura come esempio dei nostri tempi.

Dal 31 marzo è in libreria E adesso? (traduzione di Silvia Pozzi, Metropoli d’Asia, pp. 122, euro 10) già pubblicato in inglese con il titolo A Perfect Crime. Una fuga continua di un anti eroe, un giovane annoiato e completamente in balia di una società che pare non essere in grado di fornire una bussola accettabile affinché possa trovare un posto nel mondo, quanto meno nel suo. E l’universo del protagonista è sfumato, si perde nei meandri di una società che pare non avere un approdo.
Nell’epoca della cosiddetta «Me generation», che scinde la storia sociale cinese in un prima e un dopo, attraverso il superamento della «generazione del noi», rappresentata dal collettivismo dei genitori e dei nonni del protagonista, non resta che compiere gesti estremi per trovare un’attenzione cercata e voluta e mai ottenuta all’interno del sistema di norme generalmente accettato.

Non c’è traccia della vita in comune a cui siamo abituati nelle opere degli autori cinesi tradotti in Italia; non c’è quella densità umana tipica di una popolazione sterminata. Il protagonista di A Yi è solo. «Volevo sapeste che è esistito qualcuno come me. Arrivederci», dice il ragazzo al termine di una corsa dall’esito scontato, volutamente perdente per il fuggitivo.
Uccidere per noia, scappare per guadagnare l’attenzione almeno della polizia, degli psicologi e dell’opinione pubblica. Un ammasso informe di persone si spende e si dedica a cercare una ragione del gesto del ragazzo. Ma la realtà è che siamo di fronte a vite propagate attraverso scelte che in fondo una spiegazione non ce l’hanno. Del resto il protagonista del libro di A Yi, che ha creato questa storia attingendo dalla sua personale esperienza in polizia, sembra identificare la noia con la solitudine.

L’unico rapporto sociale forte, di natura amicale, lo fornirà paradossalmente la vittima (la migliore amica del personaggio principale) mentre la famiglia è assente; oppure è un impedimento nel perseguire il proprio desiderio di vita; o è ridotta a semplice opportunità per trovare soldi magari per punire una zia antipatica e ottusa.
A Yi – dopo essersi licenziato dalla polizia, attività durante la quale ricorda principalmente la noia di attese, controlli inutili e ancora attese – ha cominciato a lavorare presso un giornale di Canton. Assunto perché unico ad aver risposto ad un annuncio di impiego. Tanto basta per fare di lui, apparentemente, uno scrittore da considerare «darkeggiante», a tinte cupe. I temi ci sono e la scrittura è violenta nel suo procedere spedito, perché A Yi ha bene in mente dove vuole arrivare. E così il protagonista di E adesso? corre, attira l’attenzione, fa di tutto per diventare un oggetto di studio degno di cure e domande e supposizioni. Ma c’è l’inganno: perché questo ragazzo, solo, isolato, anti epico, non ha assolutamente niente da dire riguardo i suoi atti. Non c’è nulla da spiegare, e da comprendere, perché manca la condizione necessaria affinché due persone, o più persone, possano spiegarsi, capirsi e, infine, consolarsi. La Cina di oggi è rappresentata come un paese che ha spezzato qualsiasi legame di fiducia tra gli individui, e A Yi è lì a dimostrare questo processo in corso, un travaso storico che affiora in un’epoca completamente nuova, sconosciuta ai suoi protagonisti.